Il
thailandese Pee
Mak,
di Banjong Pisanthanakun, è una sfacciata parodia di Nang
Nak
di Nonzee Nimibutr - o per meglio dire: senza escludere la parodia
diretta (la scena nel tempio), è piuttosto una versione comica della
leggenda popolare del fantasma Nak. Questa storia (una donna morta di
parto rimane come spettro ad attendere il marito; costui tornando
dalla guerra la ritrova e vive con lei ignorando che è un ghost)
è stata portata molte volte sul palcoscenico e sullo schermo, tra le
quali lo splendido film sopra citato. Del resto ritroviamo un
racconto simile in Giappone in un episodio del classico I
racconti della luna pallida d'agosto
di Mizoguchi Kenji.
Come
in tutte le grandi parodie (come Per
favore non mordermi sul collo),
il supo puntiglio è di fingere di prendere sul serio l'elemento
terrorizzante: così l'accompagnamento musicale è tenuto straight,
e lo stile filmico è quello dell'horror - l'eccellente interprete
della donna-spettro, Davika Hoorne, lancia certe occhiate alla
Barbara Steele che non sfigurerebbero in alcun horror serio, mentre
l'elemento comico è tutto lasciato alla recitazione dei cinque
imbecilli che le fanno da contraltare maschile (il marito e i suoi
quattro amici). I loro dialoghi introducono elementi di gustoso
anacronismo (la battuta su Spiderman è oltraggiosa, e mi ha rovinato
per sempre: non potrò fare a meno di ricordarmela ogni volta che
vedrò uno spettro orientale pendere a testa in giù!). Il film com'è ovvio
gioca molto sull'aspetto metacinematografico: vedi - per fare solo un
esempio fra tanti - la scena del discorso patriottico all'inizio, in
cui l'accompagnamento musicale “serio” (in questo caso,
eroico-romantico) si spegne improvvisamente, col classico effetto
nastro, su una battuta che fa da anticlimax.
Quella
dello spettro Nak è una storia di fantasmi e d'amore - e il presente
film non ci rinuncia. E' assai bello come in mezzo ai momenti di
buffoneria assoluta riesca a infilare degli squarci romantici: penso
a una stupenda sequenza in cui Nak e il marito vanno in giro per il
parco divertimenti (per inciso, in questa scena lei porta una
maschera di cartone da ghost
sul viso, con bel tocco metanarrativo) - oltre che, naturalmente,
all'obbligatorio confronto finale. Solo dopo questa pagina commovente
(che è un altro bell'esempio di mix fra romanticismo e buffoneria),
con la risoluzione qui positiva della vicenda il film può
permettersi di rendere comici direttamente i poteri spettrali di Nak
- con alcune scenette/barzelletta sui credits
che sono belle quanto in un film di Mel Brooks.
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