Due
corpi e due volontà, uno di fronte all'altro, e il rifiuto di cedere
il passo, una situazione senza uscita. E' un rabbioso puntiglio,
questo, che sembra riemergere con maggior forza nei periodi peggiori
della storia di questo paese: come non ricordare il Seicento dei
Promessi
sposi,
l'episodio del duello di Lodovico, che poi diventerà Padre
Cristoforo? Ma anche, in chiave comica, le pianure desolate
dell'Italia dei secoli bui ne L'armata
Brancaleone
(“Cedi lo passo”). Non per nulla la parola “puntiglio” è
entrata nella lingua italiana dallo spagnolo nel Seicento.
E
così, in un momento di crisi, decadenza, blocco
dell'Italia, ha particolare senso Via
Castellana Bandiera,
notevole esordio cinematografico dell'attrice e regista teatrale
Emma Dante, dal suo romanzo. In una stretta via periferica di Palermo
due auto si trovano bloccate l'una di fronte all'altra e nessuna
delle due vuole retrocedere. Irrigidite al volante sono da un lato
Rosa (Emma Dante) insieme alla sua campagna Clara (Alba Rohrwacher) e
dall'altro la vecchia Samira (una potente interpretazione, premiata a
Venezia, dell'ottantenne attrice di teatro Elena Cotta). Diventa una
gara a “chi ha la corna più dure”, un duello di sguardi feroci,
di ostinazione e di sacrificio: passa il tempo, arriva la notte, ed
entrambe chiuse nell'auto soffocante buttano via la pastasciutta che
un'anima buona ha portata e poi perfino l'acqua da bere. Intanto il
cognato di Samira, il vedovo di sua figlia, organizza una scommessa
truffaldina per spennare il quartiere. Una rabbia, una ferocia, un
male diffuso percorrono un film che sul piano morale fa pensare alle
incisioni di Goya. L'automobilista barbuto ragionevole - se ognuno si
impunta, dice, nessuno la spunta - scompare subito dall'orizzonte del
film.
E
tuttavia questa disfida, prima tragicomica e poi solo tragica, non è
in realtà l'argomento centrale di Via
Castellana Bandiera.
Non è che sia un pretesto, ma neppure il vero cuore del racconto:
potremmo dire che è il meccanismo drammaturgico per far emergere
qualcosa d'altro; Via
Castellana Bandiera mette
in scena un dolore avvolto dentro un altro dolore.
Al
centro è la disperazione silenziosa di Samira, personaggio muto per
quasi tutto il film. Lei è venuta con la figlia morta da Piana degli
Albanesi ed è rimasta come naufragata in questa famiglia, dove il
cognato le fa pesare il fatto che la mantiene; amata solo da uno dei
nipoti, è straniera in quel luogo. Dicono le comari che pare abbia
un piede di capra. Alle spalle ha una vita di tristezze (il film si
apre alla tomba della figlia) il cui peso viene espresso con
un'economia di espressioni e di gesti minuti in cui si può vedere il
magistero teatrale.
Dal
canto suo Rosa, che si rode di essere ritornata per un momento in un
luogo che ha visto la sua infelicità da bambina, ha appena litigato
in auto con la sua amante (“Ci lasciamo?” - “Forse è meglio”).
Peraltro il suo personaggio, pur nella bellezza dell'interpretazione,
soffre di una certa carenza di caratterizzazione rispetto al romanzo,
il che contribuisce tanto più a spostare l'enfasi del film su
Samira.
Nella
rabbia del suo impiantarsi e bloccare la strada (un comportamento,
sentiamo, non nuovo), il viso gelido e irrigidito, c'è una sorta di
rivolta disperata e ferina. Non per nulla, nella sequenza del
cimitero all'inizio del film, quando Samira si stende con le braccia
a croce sulla tomba della figlia, un'inquadratura dall'alto mostra
tutt'intorno, nei rettangoli delle tombe svuotate, i cani randagi che
lei nutre: come se lei fosse un randagio tra gli altri. Come un
kamikaze, in questa guerra stradale lei si brucia. Valgono per lei le
parole del vecchio film di Luis Buñuel: “Vi riposerete quando
sarete morti”. Non lo dico come metafora, alludo a una scena
stupefacente a fine film.
Il
quale si conclude con una lunga scena aq inquadratura fissa in cui
tutto il quartiere, a gruppi, come nel giudizio universale, corre
verso la scena dell'inevitabile disastro. Sull'inquadratura fissa
risuona la canzone dei fratelli Mancuso, Cumu
è sula la strata,
che
parla di pianto e di morte. Qui appare pertinente citare le parole
esatte del ringraziamento alle comparse volontarie nei titoli di
coda: “a tutti quelli che ci hanno dato una mano correndo all'alba
verso il precipizio”. Correndo verso il precipizio... Sono parole
che al di là della contingenza del ringraziamento, e certo
volutamente, racchiudono in sé tutto il film.
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