lunedì 8 luglio 2013

World War Z

Marc Forster

La prima raccomandazione, se uno vuol vedere World War Z di Marc Forster, è quella di dimenticarsi del libro omonimo di Max Brooks da cui il film si dice tratto - e dal quale in realtà prende semplicemente il titolo, con l'idea di un'epidemia di zombi a livello mondiale. Il romanzo del figlio di Mel Brooks - probabilmente la miglior opera narrativa sugli zombi finora scritta - consiste di una serie di interviste ai veterani e ai sopravvissuti della guerra mondiale contro i morti viventi, che raggiunge un triplice scopo: narrare in flashback la guerra, tracciare un quadro della società fortemente cambiata che ne esce, delinearne l'impatto sulla psicologia dei sopravvissuti. Il modello è la memorialistica sulla seconda guerra mondiale; grazie a buone doti narrative e una consequenzialità logica rigorosa, Brooks trasmette una sensazione di verità agghiacciante.
Col che, è chiaro che i produttori della Paramount avrebbero potuto realizzare un Il giorno più lungo del cinema zombi. Ma gli è venuto freddo ai piedi (la Paramount ha una lunga tradizione di mancanza di coraggio, ce lo ricordava recentemente anche Hitchcock di Gervasi) e hanno preferito andare sul sicuro, cominciando col sacrificare la costruzione a mosaico del libro. Il cinema ha sempre bisogno di un Brad Pitt. Così la narrazione è stata centrata su un personaggio-salvatore (cosa ancora accettabile) e la sua famiglia (ohi) in contatto continuo via cellulare (ohi ohi ohi). Per dare a Brad Pitt qualcosa in più da fare, anche gli zombi differiscono dal romanzo, sono veloci e fortissimi; pure questo è lecito, anche se sacrifica la biologia. Invece è indicativo che non sia chiaro il momento in cui il mondo capisce che gli zombi sono cadaveri viventi (in tutti i film del genere l'epidemia è dapprima razionalizzata, di solito come rabbia, e poi: “Oddio, i morti camminano”). Questo è uno dei tanti segni di goffaggine nel film: poiché World War Z è stato pesantemente riscritto, rappezzato e rimontato.
Per i dettagli, basta andare su Wikipedia inglese. Dopo che la maggior parte del film era stata girata, sono stati chiamati in aiuto Damon Lindelof e Drew Goddard per riscrivere la sceneggiatura; poi è stato girato molto materiale supplementare; poi, come se non bastasse, pure questo è stato tagliato (i pochi secondi della “battaglia di Mosca”, che galleggiano nel finale come un relitto su acqua schiumosa, sono un residuo di 12 minuti di girato). A tal proposito, formulerei un'ipotesi: c'è un personaggio di giovane virologo che da come è presentato sembra destinato a rappresentare la voce scientifico-filosofica del racconto (come Jeff Goldblum in Jurassic Park) - ma muore inopinatamente (e in modo pressoché invisibile) nella scena dopo. Ha tanto l'aria di un personaggio edited out nella massiccia ricucitura.
Risultato di tanta fatica? Se esiste l'Oscar per la sceneggiatura più sciocca, World War Z ha già in tasca la nomination. Tutta la parte “familiare” di Brad Pitt è un disastro di leziosa implausibilità; quando lui riesce ad arrivare all'ospedale nel Galles, l'accoglienza è così assurda che da spettatore mi aspettavo saltasse fuori un nero complotto; e non faccio spoiler sul modo, inventato da Brad Pitt, di battere gli zombi, annoto solo che è una delle stupidaggini-monstre della storia del cinema.
L'unico motivo per guardare questo film consiste nel concetto lapalissiano che gli zombi sono sempre zombi, ovvero, è un sottogenere sempre divertente. Un paio di scene si lasciano ricordare: paradossalmente, la migliore per costruzione della tensione è quella iniziale con l'esplosione della crisi in un ingorgo stradale. La piramide umana (inumana?) di zombi in CGI che viola il muro di Gerusalemme è un affronto alla logica (e già, gli israeliani costruiscono la muraglia e poi economizzano su sentinelle e/o sensori?), però sul piano visuale ha una sua vivezza e originalità. Lo zombi che batte i denti sul vetro divisorio, nella sequenza dell'ospedale, è così buono che lo avremmo voluto in un film migliore.
Però, se pensiamo che il romanzo di Brooks (non volevo ricaderci, ma è inevitabile) è chiaramente scritto in modo cinematografico... e contiene quello che poteva diventare un caposaldo del cinema zombi, la battaglia (perduta) di Yonkers... ci passa ogni sentimento amichevole verso la Paramount, Marc Forster e il suo sciagurato plotone di sceneggiatori e contro-sceneggiatori. Questa gente ci ha consegnato non un film di zombi ma uno zombi di film.

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