giovedì 11 settembre 2008

As You Like It (Come vi piace)

Kenneth Branagh

Se si parla di “padri nobili”, Kenneth Branagh viene spesso accostato a Laurence Olivier, per la “specializzazione” cinematografica shakespeariana (e la coincidenza del debutto coll’“Enrico V”). Sotto un singolo aspetto però Branagh si avvicina, più che a Olivier, a un altro grande regista shakespeariano, Orson Welles: benché in modo molto più popolare, a volte perfino leccato, Branagh è come Welles un “conceptual director”. Nella messa in scena del testo elegge un concetto, un’idea base, attorno al quale organizzare, in modo autoritario, tutta la lettura. L’azione originaria del cinema di Branagh è di creare questo “ubi consistam” - come l’intelligente operazione di trasferimento all’Ottocento del suo “Amleto”.
Su quale concetto ruota “As You Like It”? Su due. Il primo, la centralità dell’ambientazione boschiva, lo trova già in Shakespeare, correttamente evidenziando la battuta “Dicono che si trovi già nella foresta di Arden!” Ma Branagh vi sovrappone un secondo concetto: ambienta (in modo astratto e sognante) il film tra gli inglesi presenti in Giappone nell’epoca Meiji. Conviene ricordare che già la commedia di Shakespeare si basa su una dislocazione: si ambienta in Francia ma per la maggior parte si svolge nella foresta di Arden - che è in Inghilterra, vicino a Stratford-on-Avon: un ritorno di Shakespeare alla sua terra.
Nel film però rimane un problema. Se consideriamo che la maggior parte della commedia si svolge nella foresta, tra gli inglesi, e che dopo il primo atto l’elemento giapponese è raro, pressoché formale, lo spettatore tende ad avvertire quest’impostazione “giapponese” come pene d’amor perdute, se non addirittura come molto rumore per nulla. Ovvero, dopo un inizio convincente nel primo atto, essa diventa estrinseca e, in ultima analisi, più che per suggerire una chiave di lettura esiste per far felici lo scenografo e la costumista.
In ogni modo, la messa in scena di Branagh è piacevole, e sorretta da ottimi attori. Eccellente Bryce Dallas Howard nel ruolo di Rosalinda; Romola Garai la accompagna bene nella parte di Celia, apportandovi alcuni gustosi tocchi di buffoneria. Si guarda con interesse Alfred Molina nei panni di Paragone (Touchstone), ma chi ruba la scena è certamente Kevin Kline nel ruolo del melanconico Jaques.
E’ una scelta, lecita, ma ha un costo, il modo in cui viene qui resa la figura di Rosalinda. Come ne “La dodicesima notte”, Shakespeare gioca mirabilmente sull’ambiguità sessuale: Rosalinda si traveste da maschio ma in veste di maschio si fa corteggiare come se fosse Rosalinda dall’amato Orlando, fingendo di insegnargli a non amare le donne. Nota che al tempo di Shakespeare le donne sul palcoscenico erano interpretate da ragazzi, per cui l’ambiguità intrinseca del testo si nutriva di un gioco scenico prestabilito. In Branagh, Rosalinda in travestimento maschile è visibilmente donna com’era prima; tale scelta, favorita dal carattere androgino degli abiti moderni, rende l’aspetto maschile di Rosalinda altrettanto convenzionale nella figura quanto lo è già nel discorso. Così depotenzia interamente l’ambiguità shakespeariana, rinunciando al gioco sulle identità sessuali.
Commedia aerea e irreale, contenente alcune delle più belle pagine di consapevolezza metateatrale di tutta l’opera di Shakespeare, “Come vi piace” dipinge un mondo che la mutevolezza delle sorti, delle fortune, degli umori rende inconsistente. Un mondo di illusione agrodolce: così questa corte di esiliati in una foresta senza cupezza (piuttosto un amabile bosco) gioca a evocare i pastori e Robin Hood, ma alla fine gioisce per essere stata restituita all’antica dignità, però è subito pronta a dire “Dimentichiamolo per un momento” e tuffarsi nella danza campestre... La vita e l’amore sono realtà umbratili - ma le rincorriamo: con la mente crediamo al distacco dalle cose, col cuore no. Così, il mondo, la fortuna, l’amore, sono da prendere (da com/prendere) come vi piace: as you like it.

(Il Nuovo FVG)

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