David Cronenberg
Non
è facile dar conto senza pesanti spoiler del nuovo film (discusso e
secondo chi scrive assai bello) di David Cronenberg, The Shrouds. Non
è facile per una ragione generale – The Shrouds è un bizzarro
thriller – ma soprattutto per una ragione particolare: questo film
parte da un’idea (funerea e molto cronenberghiana) ma poi cambia,
si estende, si sviluppa in anse come un fiume nella pianura, fedele
al presupposto ma ridefinendolo, cosicché par di trovarsi a vedere
di svolta in svolta un film diverso. Se dovessimo indicare un film
precedente, nella filmografia cronenberghiana, al quale questo si
potrebbe collegare… magari qualcuno si stupirà, ma menzioneremmo
l’estremistico (fin dal titolo) eXistenZ per la sua natura di
progressiva ridefinizione della realtà.
Ma
partiamo dall’inizio. Cosa sono gli shrouds? Nel dialogo vengono
menzionati sì i sudari, ma anche la Sindone. Sono dei sudari
tecnologici, una specie di bozzoli, simili a un cappotto alieno, nei
quali si possono avvolgere i cadaveri prima di deporli nella tomba.
Gli shrouds servono alla più macabra (ai nostri occhi) delle
invenzioni: attraverso un sistema di telecamere collegato a un
monitor sulla tomba, consentono di vedere cosa accade al corpo nella
sepoltura. Macabro, sì – ma tanto il protagonista vedovo Karsh (Vincent Cassel)
nel film quanto il suo creatore David Cronenberg, sceneggiatore e
regista, dichiarano a tutte lettere il loro ateismo; il corpo è
l’unica realtà, dice Cronenberg (ripetendolo in uno streaming che
ha preceduto l’anteprima del film in sale selezionate), e quando il
corpo svanisce non c’è più nulla. Ecco allora che questo “poter
vedere” il cadavere diventa una cupa e disperata mossa per dargli
una continuità, come una sopravvivenza virtuale, durante gli anni
del lutto. In sintonia con la nostra epoca, ci è facile osservare,
con la sua feticistica preminenza della visione sulla memoria.
È
evidente che si ritrovano qui tutte le ossessioni di Cronenberg,
dalla carne e la sua mutazione innestata dalla tecnologia
all’estremismo dello sguardo. Il contatto visivo coi defunti –
che significa, nell’orizzonte del film, col loro corpo – è solo
l’aspetto più audace della carnalità del film. Dove ritroviamo –
nel rapporto di Karsh con le sue donne – il “corpo
chirurgico” segnato da cicatrici e amputazioni, che attraversa
l’opera di Cronenberg da Crash a Map to the Stars a Crimes of the
Future (i nuovi organi come opere d’arte). Il pensiero corre anche agli "strumenti ginecologici per mutanti" di Inseparabili.
Però
un atto di vandalismo su alcune tombe di questo nuovo cimitero
tecnologico introduce nel film l’elemento thriller che si dispiega
in un intrico di inganni, doppio gioco, teoria del complotto,
sfociando in una storia di spionaggio in cui entrano in causa i
nostri nemici russi e cinesi. Perso in quest’intrico, il protagonista non sa più cos’è verità, cos’è menzogna, cos’è
tecno-inganno (è vero quello che vede sul monitor?), cos'è sicurezza (anche sull'avatar di Karsh, l'assistente perfetta, si stende un'ombra di ambiguità), cos'è paranoia (il complotto dei medici e le storie di Stalin!) e, infine, cos’è sogno. The Shrouds – pur così carnale
– si allontana dalla carne per approdare allo sfaldarsi della
realtà.
Le sue donne sono rifrazioni della stessa donna (Diane Kruger) - e l'unica che non lo è (Sandrine Holt) si identifica con il suo corpo mutilato nel delirio finale di Karsh. Sia attraverso la macchina impazzita della tecnologia sia
attraverso la “macchina morbida” della mente (è un titolo
burroughsiano, e Burroughs è uno degli autori base di Cronenberg: Il
pasto nudo), quello che è tangibile si dissolve e resta la nebbia.
In questa nebbia il dolore ritorna; il lutto è vorticoso.