lunedì 20 marzo 2023

Disco Boy

Giacomo Abbruzzese

Dopo l'immagine di apertura su un gruppo di neri che dormono accatastati, Disco Boy di Giacomo Abbruzzese (vincitore di un Orso d’Argento a Berlino) ci porta al racconto di un tentativo di passare clandestinamente dalla Bielorussia via via fino in Francia. Apparentemente è un inizio realistico, ma la narrazione ultrasintetica tende a trasportarlo sul piano poetico; volutamente ellittico, per non dire slegato, sempre più mentre procede il film si situa sul versante onirico e simbolico. Il giovane Aleksei (Alex), che ha un tatuaggio che significa “orfano”, vede morire in un fiume che potrebbe essere l’Oder l’amico con cui tentava il passaggio; arrivato in Francia si arruola nella Legione Straniera, mirando alla cittadinanza promessa entro alcuni anni di servizio. La sua storia si incrocia con quella di Jomo, guerrigliero in Nigeria che si batte contro le compagnie petrolifere occidentali, e di sua sorella (i due hanno la particolarità di un occhio color ambra); Jomo dice a un compagno che se fosse nato bianco avrebbe voluto fare il ballerino in una discoteca. Dapprima è una narrazione parallela, poi arriva un combattimento in un fiume (i fiumi sono un elemento ritornante del film: l’Oder, la Senna, il Niger), in cui Alex uccide Jomo. Molto bella qui l'idea del regista di usare una telecamera a infrarossi, che trasforma i corpi in macchie di colore. 
Ritmato dalla musica di Vitalic, Disco Boy è un film di immagini ritornanti e di raddoppiamenti. Non solo la ragazza (che potrebbe esser morta: lo sguardo malaugurante di un militare nigeriano nel villaggio in fiamme) sembra riapparire in una discoteca parigina, sconvolgendo Alex; ma anche Jomo, che proprio lui ha ucciso e sepolto, ritorna, fino a una fusione fra i due, segnalata dall’occhio color ambra. In verità nella seconda parte, costellata di citazioni (Coppola, Kubrick, Winding Refn), il film tende a perdersi; sono più belle le immagini di quanto sia rigorosa la costruzione narrativa. Un film imperfetto, ma che nella sua apertura simbolica raggiunge un interesse che manca ad altri lavori narrativamente più rifiniti.

Nessun commento: