venerdì 28 ottobre 2022

Triangle of Sadness

Ruben Östlund

Ruben Östlund, regista-sceneggiatore di ironia fredda e affilata e di tempi dilatati e sfuggenti, dopo Forza maggiore ha raggiunto la fama con The Square, una satira feroce dell’arte contemporanea e contestualmente della società svedese. C’era in quel film una pluralità di linee narrative che si trasformavano l’una nell’altra; lo stesso si ritrova, amplificato, nell’ottimo Triangle of Sadness, vincitore a Cannes: una commedia grottesca (che riprende la fusione di tragico e di comico tipica di tutto il cinema di Östlund) sorprendente nei lucidi zigzag “anticlassici” dello svolgimento. Il film cambia capricciosamente direzione, assumendosi dei rischi – ma funziona. Vediamo dapprima un'apertura che fa a pezzi il mondo dei modelli e della moda, così come The Square faceva coll’arte d’oggi. Ci spostiamo poi a un diverbio – a scrivere e dirigere le discussioni Östlund è sempre geniale – fra Yaya, modella e influencer, e il suo detestabile fidanzato, più giovane e di minor successo, Carl. Litigano sul pagare il conto al ristorante, e sembra scritta da un Woody Allen cannibale.
Poi, con brusca svolta, il film porta Carl e Yaya in crociera su una nave di lusso, popolata di caratterizzazioni perfidamente impagabili, che rappresenta una galleria sarcastica di tardo capitalismo galleggiante. Complice una tempesta, tutto il complesso sistema della nave (tanto sul piano materiale quanto su quello dei rapporti di classe) va a catafascio in una pagina di progressiva distruzione, finendo in vomito scivoloso e liquami che travolgono tutto, come in una perversa parodia del Titanic. Ci aspettiamo il naufragio ma non va proprio così: la mattina dopo, a mare calmo, ci si mettono i pirati. Dopo l'inevitabile naufragio, ecco ancora un cambio di direzione: la società dei pochi sopravvissuti su un’isola viene ristrutturata sulla base della dura necessità elementare/alimentare. E’ un po’ Il signore delle mosche fra adulti (c’è pure l’accenno al ritorno alla preistoria con i graffiti sulla roccia), ma anche una lezione di marxismo applicato – ovvero il contrario del buonismo rousseauiano – il tutto nella luce spettrale dello humour nero.
Esistono nel cinema battute che si assolutizzano come segno di contatto e riconoscimento, dal “Guerrieriii…” di Walter Hill al “Vieni a giocare con noi?” di Kubrick, e aggiungo solo il memorabile grido “Rent-a-neko! Neko neko!” di Ogigami Naoko (Rent-a-Cat). Bene, se questo film avrà sufficiente successo, i cinefili potrebbero comunicare con un “In den Wolken!” declinato in tutti i possibili significati.
Però la vita ha aggiunto un tocco tragico al film: l’interprete di Yaya, Charlbi Dean, è morta a 32 anni per un’improvvisa malattia questo agosto.

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