domenica 6 novembre 2022

La stranezza

Roberto Andò

Il teatro dice bene al cinema italiano. L’anno scorso è uscito il notevole Qui rido io di Mario Martone, con Toni Servillo, su Eduardo Scarpetta, ove la vita del commediografo napoletano e le sue commedie sul palcoscenico si rispecchiavano. Ora Roberto Andò sviluppa ulteriormente il dialogo fra l’invenzione teatrale e la realtà (ove la realtà è quella del racconto cinematografico: ossia una realtà di secondo grado) nell’ottimo La stranezza.
Luigi Pirandello (ancora Servillo, di grande adesione psicologica oltre che somiglianza fisica) è depresso, per i dolori della vita privata e perché non trova il modo di esprimere sul palcoscenico la sua ripulsa della forma teatrale tradizionale, ed è tormentato dai fantasmi dei suoi personaggi, cui “dà udienza” (“Sono molto esigenti”). Incontra, nell’esercizio del loro mestiere, due becchini di provincia (due inediti e notevoli Ficarra e Picone) abituati a muoversi in un ambiente di corruzione (mazzette per i loculi!), i quali sono appassionati di teatro, e mettono in scena una rappresentazione di filodrammatici, alla quale invitano il maestro.
In questa sciagurata rappresentazione vengono a conflitto teatro e vita; la realtà personale fa esplodere comicamente i ruoli prefissati, in seguito a litigi che mandano a gambe all’aria la finzione scenica. Ovvero, involontariamente si ripropone il grande tema del teatro pirandelliano, il rapporto fra il personaggio e l’esistenza. Pirandello osserva; di lì a poco presenterà a Roma, davanti a un pubblico tumultuante, Sei personaggi in cerca d’autore.
Questo mettere in scena il teatro e il suo rispecchiamento nella realtà (tramite la forma cinema) ci fa venire in mente un film ingiustamente dimenticato, La locandiera (1944) di Luigi Chiarini, in cui, nel finale, Carlo Goldoni stesso veniva incoraggiato a un teatro di realtà dall’osservare la vicenda tragicomica (la storia della locandiera!) cui assisteva dal vero.
E c’è qualcosa di più. Già di per sé, e a prescindere dalla rappresentazione teatrale, queste persone (come tutti noi) sono, pirandellianamente, portatori di ruoli e di maschere; la comicità acre e spesso grottesca del film rende bene il concetto. In un gioco di specchi, La stranezza è un film pirandelliano sulla genesi di un’opera di Pirandello, film vivacissimo e intelligente nel suo incrocio di intimismo e comicità. Questo film che si apre con l’immagine terribile, nichilista, della morte è costellato di temi, spunti, allusioni pirandelliane, alle quali porta un suo contributo anche la suggestione dello spettatore (quei due cavalli del carro funebre non si chiameranno mica Fofo e Nero?).
Alla prima romana dei Sei personaggi sono invitati anche i due becchini, ora ex amici. O no? Li vediamo assistere (perplessi)… ma Pirandello ha dimenticato, apprendiamo poi, di far mandare gli inviti. E’ giusto, perché, come i sei personaggi in cerca d’autore alla fine spariscono lasciando in palcoscenico il capocomico (Luigi Lo Cascio) arrabbiato per un giorno perso, così anche Bastiano e Onofrio, becchini e teatranti, sono personaggi: che scompaiono alla fine stendendosi a dormire sui sedili del teatro vuoto. Due personaggi che hanno trovato un autore.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il film è fatto bene, le ambientazioni sono molto belle, gli attori sono bravi, ma il film non mi ha comunicato niente. Per me l'arte è comunicazione per cui, dal mio punto di vista, questo film non è un buon film.