Mohammad Rasoulof
Il
potente film di Mohammad
Rasoulof Il male non esiste,
uscito ora in Italia, ha
vinto l’Orso d’Oro al
Festival
di Berlino
nel 2020;
ma il
regista non
ha potuto ritirarlo di persona perché trattenuto
in Iran
come oppositore del regime. Sono
quattro
episodi a
sorpresa, che
ruotano intorno alla stessa questione: la pena di morte in
relazione alla
responsabilità di chi la esegue. Un
brav’uomo, gentile e pieno
di sopportazione fra la
moglie nervosa e la figlia petulante,
fa un lavoro misterioso (è
prevedibile –
ma assai ben raccontato). Un soldato è angosciato per
l’ordine di eseguire una
condanna a morte. Un militare
in licenza – nell’episodio forse più bello di tutti – visita
la fidanzata in
campagna e trova tutta la
famiglia sconvolta
per l’impiccagione di un amico. Il
quarto episodio, sulla visita della nipote a uno zio dottore che ha
un segreto, è come
uno sviluppo del
secondo proiettato a distanza d’anni.
Uno
scherzo narrativo in apertura introduce l'argomento. In un
parcheggio, vediamo due uomini mettere nel portabagagli di un’auto
un sacco oblungo: è un’immagine vista mille volte nei thriller e
pensiamo subito a un cadavere. Poi quando al guidatore, il
protagonista del primo episodio, una guardia fa aprire il
portabagagli e chiede cosa c'è nel sacco, e quello risponde “riso”,
la nostra impressione si rafforza e anzi “carichiamo” sulla sua
espressione calma il peso dei nostri sospetti come fosse una
conferma. Invece siamo stati ingannati: sapremo poi che era veramente
un sacco di riso. Niente omicidio quindi. Ma invece sì – perché è
il tema del film.
Il
male non esiste
si
fonda su un doppio aspetto: quello narrativo, di tensione e scoperta,
e quello descrittivo, forse
ancora
più notevole.
Rasoulof
usa
assai
bene quel
senso
di tempo
lento,
dilatato,
che viene
sempre
dato
al cinema
dal
tempo reale. La
struttura dei
racconti è sempre la
stessa: il
“tempo lento” si estende,
con un sottofondo di
tensione angosciosa,
e poi esplode in improvvisi soprassalti di sorpresa di
forza sconvolgente. Il
quarto episodio, a tale proposito, si basa su una “suspense dei
sentimenti” – su
uno strano comportamento e un segreto da rivelare – che diviene
quasi dolorosa.
Emerge
dal film un ritratto feroce
della Repubblica
Islamica iraniana,
che
ha
l'abitudine (Hitler
e Stalin avrebbero approvato)
di
far eseguire le condanne a morte ai giovani di leva, in modo da
comprometterli sulla
strada dell’obbedienza
assoluta.
Inutile aggiungere che, come afferma il secondo episodio, gli
oppositori da impiccare vengono sempre fatti passare per criminali
comuni.
Nelle
numerose discussioni (bellissima
quella fra i soldati di leva, la notte, nelle loro brandine) ritorna
l’idea, inculcata dal
regime nelle
persone
semplici,
della
“legge” come
un’entità
misteriosa e
indiscutibile,
decisa da gente in alto,
cui bisogna solo
obbedire.
Ad
essa Rasoulof
oppone l’urgenza (ma
anche il costo)
della
scelta. Sotto
la dittatura c’è comunque un libero arbitrio delle persone; il
regista-sceneggiatore
sposa
una
morale di
tipo tolstoiano
– evidenziata
in modo simbolico dalla presenza della volpe, che il protagonista non
vuole uccidere e anzi nutre, nel quarto episodio.
Attraversa
il film una tensione fra spazi aperti e spazi chiusi. Gli spazi
aperti sono connessi alla libertà: vedi la grande visione in campo
lunghissimo, dal ciglio della strada, di Teheran illuminata nella
notte, durante la fuga in auto dei due giovani (al suono di Bella
ciao
nella sua versione autentica, quella delle mondine, cantata da
Milva); e questa visione panoramica viene replicata da un campo
lunghissimo analogo nel terzo episodio. Mentre nel quarto, che si
svolge in un paesaggio di colline desolate dove lo zio ha dovuto
rifugiarsi rinunciando anche alla paternità di sua figlia affidata
al fratello, l’isolamento
serve da sfondo al tema profondo dell'episodio, che è il prezzo
della scelta: un costo che non è pagato solo dall’individuo ma si
riflette anche su altre persone: una somma di dolori che si
riflettono uno sull’altro… anche il dolore del cieco militare in
licenza nel terzo episodio, che, quando
emerge la verità, per
non essere abbandonato dalla sua fidanzata cerca di cavarsela con un
semplice “Dimentichiamo”.
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