Zhang Yimou
Un livore diventa
affetto, uno scontro diventa incontro, nel commovente film di Zhang
Yimou One Second, uscito dopo aver avuto guai con la censura
del regime (nel 2019 fu ritirato dal Festival di Berlino subito prima
della proiezione ed è uscito in patria nel 2020).
Siamo negli anni bui
della Rivoluzione Culturale (sulle sofferenze della quale ricordiamo
del regista il bellissimo e poco menzionato Lettere
di uno sconosciuto del
2014). Un uomo (Zhang Yi) – anonimo nel film, chiamato nei
titoli di coda il Fuggitivo – è finito ai lavori forzati per avere
colpito una Guardia Rossa durante una rissa, e per questo la moglie e
la figlia bambina lo hanno abbandonato (o facilmente sono state
costrette a farlo). L'uomo è fuggito dopo aver saputo che la figlia
quattordicenne compare in un cinegiornale, per un solo secondo: vuole
a tutti i costi rivedere il suo volto. Raggiunge un remoto villaggio
dove quel cinegiornale verrà proiettato prima del film bellico in
programmazione, Heroic Sons and Daughters (1964) di Wu Zhaodi,
del quale Zhang Yimou ci mostra importanti squarci. Ma la pellicola
del cinegiornale viene rubata da una ragazzina sbandata, Orfana Liu
(Liu Haocun): vuole farne una lampada di plastica trasparente
(apprendiamo che era un uso diffuso all'epoca) per il fratellino, che
ne ha rotto una avuta in prestito e ora viene bullizzato.
L'inizio tutto
inseguimenti e disavventure, senza essere farsesco, contiene un forte
elemento di commedia; anche in seguito c'è un filo rosso di humour
nel film, che si incarna in un dialogo gustoso e in uno sguardo
vivace e cordiale sugli spettatori che si affollano per vedere Heroic
Sons and Daughters ; quella massa che nel movimento compatto dei
wuxiapian di Zhang è colore in movimento, qui è umanizzata in una
pluralità di individui. Spicca con particolare vivezza la figura del
proiezionista, maoista convinto e anche lui coi suoi problemi,
chiamato da tutti Signor Cinema (Wei Fan). Come sempre in Zhang c'è
un romanticismo e massimalismo del racconto; lungo tutto il film si
mescolano strettamente la comicità e la commozione. C'è un nome per
questo: Charlie Chaplin: e infatti One Second è un film molto
chapliniano.
Una volta recuperato il
cinegiornale, il protagonista convince Signor Cinema a proiettarlo in
loop nella sala vuota per rivedere la figlia ancora e ancora. Ma una
svolta imprevista cambia le carte in tavola. La
bella invenzione del fotogramma, dove la figlia appare sorridente con
un sacco di grano in spalla, consente al film di unire armoniosamente
i suoi due elementi, che sono il racconto sentimentale e l'amore per
il cinema. Circa il primo aspetto, va segnalato che il tema del
rapporto padre-figlia, che attraversa il film, viene anche
richiamato in modo simbolico attraverso delle raffinate allusioni.
Inizialmente compare in forma burlesca con le reciproche bugie
calunniose (si definiscono a vicenda una figlia ribelle e un pessimo
padre) del Fuggitivo e di Liu parlando coll'autista del camion sul
quale si trovano insieme. Grande l'espressione di Zhang Yi quando si
trova surclassato sul piano della faccia tosta! Poi vediamo una scena
di agnizione padre-figlia proprio in Heroic Sons and Daughters.
E durante la proiezione in loop del cinegiornale, c'è un momento
di scambio simbolico quando il Fuggitivo sta guardando commosso e Liu
sale sulla panca davanti e lo apostrofa sovrapponendosi al quadro
luminoso – per cui per un secondo la figlia perduta e e la figlia
futura compaiono appaiate nella stessa inquadratura. Nel finale, col
nuovo incontro tra l'ex Fuggitivo e Liu, lei che prima aveva una
massa di capelli scomposti ora ha le trecce – come tanto la figlia
di Heroic Sons and Daughters quanto la vera figlia del
protagonista in quell'unico secondo del cinegiornale.
One
Second è un caldo omaggio al
cinema. Il cinema come sogno collettivo, che incanta la popolazione
di questo villaggio sperduto nel deserto. Il cinema come
riconoscimento identitario: bellissima la scena in cui gli spettatori
cantano in coro la canzone patriottica del film che stanno guardando.
Il cinema come custode della memoria (il fotogramma). Il cinema come
dispositivo, e la sua natura delicata: molto più dei robusti corpi
contadini che vediamo qui, la pellicola è una cosa fragile che può
graffiarsi, sporcarsi, rompersi, andare a fuoco. Nelle scene in cui
tutto il paese si mobilita per salvare la pellicola aggrovigliata e
sporca (è stata trascinata in terra da un carro) Zhang vuole
mostrarci non solo l'amore che circondava il cinema di una volta,
quando le “pizze”, i contenitori dei film, venivano trasportati
da un posto all'altro in motocicletta, ma anche ricordarci la sua
fragilità. Un appello appassionato e cinefilo in favore del cinema
in un'epoca di crescente oppressione.
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