martedì 24 agosto 2021

Coffin Homes

Fruit Chan

Hong Kong, città brulicante, dove lo spazio abitativo è prezioso come l'oro!
Il grande Fruit Chan ci stupisce ogni volta. Sempre con vivissima originalità, di solito lavora sulla profondità: le psicologie disperate da Made in Hong Kong a Durian Durian, il substrato mitico in Three Husbands, la ricerca avanguardista sul piano del linguaggio come in Public Toilet. Invece nel delizioso Coffin Homes (presentato in prima mondiale al Far East Film Festival di Udine ed uscito a Hong Kong questo agosto) l'aspetto della black comedy e della satira sfrenata vince su tutto.
Satira della caotica situazione abitativa di Hong Kong: la sovrappopolazione è da sempre uno dei temi base del cinema hongkonghese, et pour cause, è la natura stessa della ex colonia; ben conosciamo i giganteschi palazzi “formicai” dove si accalca la popolazione. La loro immagine interlinea il racconto in Coffin Homes – che è una comica e nerissima lezione sulle pratiche degli agenti immobiliari e/o dei padroni di casa per tirar fuori il più possibile dalla fame di alloggi. I primi si impegnano in speculazioni sfrenate (e concorrenza spietata), tenendo vuoti gli appartamenti in attesa che il prezzo salga e ricorrendo a trucchi per evitare la tassa sugli appartamenti sfitti (riempiono i palazzoni sfitti di gente pagata per accendere le luci di sera in modo che sembrino abitati); i secondi comprimono gli spazi degli appartamenti fino all'assurdo per pressarci stare più gente. “Perla d'Oriente? Io direi, Intestino d'Oriente”, sentiamo sbottare. Il torchio degli affitti si riflette sulla vita quotidiana: homo homini lupus: il ristoratore al quale è stato alzato l'affitto cerca di rifarsi imbrogliando sulla quantità dei noodles e delle polpette di pesce nel brodo, come mostra una divertente divagazione. Il film sorride – o sogghigna – su tutti i problemi degli alloggi, dai prezzi impossibili agli spazi minimi (le “case-bara”), dalle abitazioni sovraffollate (grande la scena in cui un'intera famiglia accatastata dorme russando, una vera sinfonia del ronfare in una serie di primissimi piani) alla rumorosità degli appartamenti, al disturbo degli spettri che li abitano.
Perché questo film è una scatenata commedia di fantasmi, e il punto di partenza è il mercato dei deaths flats, gli appartamenti “invendibili” perché c'è morto qualcuno e si teme che siano infestati dal suo spettro, o ghost (a Hong Kong un death flat va dichiarato per legge). Così Fruit Chan – sceneggiatore, produttore, regista e montatore del film – ci porta in una serie di appartamenti infestati, in una storia sorretta da un abile concatenamento dei personaggi. Vi troviamo ghosts per tutti i gusti, dal pericoloso macellaio uxoricida e suicida, immerso nel verde tipico dei film di spettri di Hong Kong, al memorabile fantasma bambino che è meglio non far arrabbiare, dalla ragazza defunta triste sotto il suo cappuccio rosso alla terribile vecchietta morta che massacra i suoi figli in una sequenza iniziale d'un comico estremismo che lascia sbalorditi. Accanto all'horror tradizionale cinese abbondano omaggi e citazioni: c'è Sam Raimi, naturalmente, c'è Shimizu Takashi (Ju-on – The Grudge), una folle scena di rissa tra ghosts fa pensare a Beetlejuice, ed è estremamente divertente il rovesciamento di Shining, per cui stavolta sul triciclo c'è il bambino fantasma. Nota bene, i problemi abitativi valgono per i viventi come per gli spiriti: a Hong Kong anche i fantasmi hanno paura di essere sfrattati! Da questa kermesse affaristico-spettrale risulta un film che riesce ad essere allo stesso tempo delirante e illuminante.
Fruit Chan ha un posto di spicco come cantore di Hong Kong (la sua cosiddetta “trilogia dell'Handover” resta insuperata); e Coffin Homes è un film quintessenzialmente hongkonghese. E' tutta hongkonghese questa credenza nei ghosts, che fanno paura ma al tempo stesso sono considerati una presenza naturale, fanno parte dell'ordine delle cose (non sono una sua intollerabile violazione come in Occidente). Di più, nella leggera deformazione ironica il film inserisce il suo tema della fame di case nel modo di vivere, con la religione e la superstizione, la legge flessibile e i loan sharks picchiatori, il cibo, l'affarismo istintivo (“Se non speculi non sei hongkonghese”), in una parola l'aria che si respira a Hong Kong – e il linguaggio parlato, col suo dialogo velocissimo, mitragliato, un'accumulazione di parole che riporta direttamente alla tradizione della commedia cantonese. Anche nel quadro della satira Fruit Chan difende innanzitutto la specificità di Hong Kong.

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