E
così anche i fratelli Coen hanno saltato lo schermo e sono approdati
direttamente su Netflix, dov'è appena uscito The Ballad of Buster
Scruggs, dopo un passaggio alla Mostra di Venezia. Questo western
a episodi porta sullo schermo alcune storie scritte dai Coen
nell'arco di 25 anni. Giustamente trattandosi di una serie di
racconti, i Coen recuperano la forma “preistorica” dell'apertura
di un libro con illustrazione a colori, che introduce ogni episodio.
Come sempre il loro cinema altamente stilizzato riprende e trasfigura
materiale (topoi) preesistente.
Il
concetto base dei fratelli Coen, con il loro feroce senso
dell'umorismo, si potrebbe concretizzare nell'ossimoro “allegria
tragica”. The
Ballad of Buster Scruggs
non apparterrà alla lista dei capolavori assoluti dei fratelli Coen
– ma è una delizia totale. In
tutto il loro cinema i Coen hanno bordeggiato sui confini del western
(non c'è solo Il
Grinta;
pensiamo a Non
è un paese per vecchi).
Il grande tema del loro cinema, che è il non-senso del mondo, il
quale trova un punto fermo solo nella morte, si lega molto bene
all'universo del West inteso come un mondo magmatico, in formazione.
Il West come metafora dell'assurdità dell'esistenza. E in tutti
questi episodi la morte e il dolore entrano come un lampo improvviso,
intrinsecamente assurdo, quasi un'ingiustizia; ma non c'è giustizia
nel cinema dei Coen, come scoprono i suoi personaggi, per esempio il
Serious
Man
dell'omonimo capolavoro. La cosa più importante è che la forma a
episodi permette ai Coen non solo di declinare le varie sfumature del
loro cinema in una serie di sfaccettature ma anche di sperimentare:
l'episodio della carovana ha un inedito respiro hawksiano che non
conoscevamo nei due.
Il
primo episodio, che dà il titolo al film, ci riporta i fratelli Coen
più sfrenati, con un memorabile personaggio di cowboy canterino alla
Gene Autry, completo di costume bianco e chitarra (i Coen non
rinunciano a una delle loro inquadrature impossibili: da dentro la
cassa della chitarra). Classico personaggio
interpellatore coeniano, parla
agli spettatori lamentandosi con gli spettatori che l'avviso di
taglia sulla sua testa lo definisca “misantropo”.
Si ricorderà peraltro che un cowboy canterino compariva già nel
precedente Ave,
Cesare!
Non manca il tradizionale sadismo buffonesco coeniano nella scena del
duello. E poi – senza fare spoiler – un episodio già folle di
suo si allarga in follia metafisica. Questo primo episodio ci ricorda
come i Coen amino la forma della parodia; ma in generale per i due
fratelli la vita è una parodia in sé.
Il
secondo episodio, Near
Algodones,
pur essendo assai divertente è un nerissimo apologo
sull'assurdità che trova nella sua conclusione – una vera gemma
del film – uno dei finali più tragici e tuttavia logici di
tutto il cinema coeniano. Vien da dire che solo Samuel Fuller al suo
meglio sarebbe stato capace di fare altrettanto.
Il
terzo, Meal Ticket, è strabiliante e introduce un cambio di
atmosfera del film, abbandonando la sua relativa levità. Con
quest'episodio i Coen realizzano il loro personale Freaks,
non meno doloroso del capolavoro di Browning, su un impresario
che gira i luoghi più infimi del West esibendo un giovane privo di
braccia e gambe, grottesca bambola umana, che però è un attore
meraviglioso, e incanta (o dovrebbe) gli spettatori dei desolati
villaggi recitando una compilation di brani che vanno da
Shakespeare al discorso di Gettysburg di Lincoln. Va detto per inciso
che in un film inzeppato di star (Tim Blake Nelson, James Franco,
Liam Neeson, Tom Waits, Zoe Kazan, Brendan Gleeson eccetera) il più
stupefacente è Harry Melling, che interpreta quest'attore. A
proposito... Harry Melling, chi era costui? Noi lo abbiamo
conosciuto, più giovane e completamente diverso, come il cugino
Dudley dei film di Harry Potter! E' con questo film che scopriamo non
un onesto caratterista ma un attore mirabile.
Il
quarto episodio, All Gold Canyon, è bucolico. Si apre in una
valle, su un mondo incontaminato (il corvo, il gufo, le farfalle, i
pesciolini) come quello che apparve ai primi pionieri americani, e lì
colpì talmente che ancor oggi risuona come un'eco nella cultura
americana. Qui appare un cercatore d'oro, cantando una canzone
popolare che spaventa un cervo. Il film dipinge nella ricerca e nello
scavo del filone la materialità del lavoro (anche questo è un
elemento ritornante nel cinema dei Coen, sebbene di solito in senso
macabro, oppure comico: Burn After Reading). Però anche qui
entra a sorpresa la violenza. La conclusione, dopo la partenza del
cercatore, riprende esattamente le immagini di natura con cui
l'episodio, come un ritorno allo stato precedente. Ma l'immagine del
cervo che fiuta la fossa ci avverte: la natura non è tornata
incontaminata: se pure esiste un'innocenza primigenia, questa può
essere solo prima della contaminazione della presenza
dell'uomo.
The
Gal Who Got Rattled è il grande e disteso episodio, dal finale
tragico, sulla carovana, rispetto al quale parlavo sopra di respiro
hawksiano. Le scene riportano perfettamente la grande dimensione
narrativa del western, anche dal punto di vista pittorico e visuale.
C'è qualcosa di John Ford o Allan Dwan nel suo pudico
corteggiamento; ma è tutto Howard Hawks il suo interesse per la
professionalità e la dimensione umana del lavoro, per i tocchi di
umorismo al suo interno (poiché lo humour hawksiano è diverso dallo
humour fordiano; e qui siamo nel campo del secondo), ed anche per il
suo carattere impietoso. Possiamo aggiungere che nella coppia
di guide della carovana ritroviamo non solo il concetto western di
gentiluomo ma anche due incarnazioni di quei “giusti” che fanno
capolino sovente nel cinema coeniano, come a equilibrare moralmente
la prevalenza del male..
Della
storia finale, The Mortal Remains, non si potrebbe
assolutamente parlare senza rovinarne la visione agli spettatori; e
basterà dire che, pur essendone affatto lontana sul piano narrativo,
ricorda molto da vicino il racconto che apriva A Serious Man,
quindi in una concezione “todoroviana” del fantastico basato
sull'ambiguità. Così con esso la tavolozza coeniana è completa.
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