lunedì 19 novembre 2018

The Ballad of Buster Scruggs

Joel & Ethan Coen


E così anche i fratelli Coen hanno saltato lo schermo e sono approdati direttamente su Netflix, dov'è appena uscito The Ballad of Buster Scruggs, dopo un passaggio alla Mostra di Venezia. Questo western a episodi porta sullo schermo alcune storie scritte dai Coen nell'arco di 25 anni. Giustamente trattandosi di una serie di racconti, i Coen recuperano la forma “preistorica” dell'apertura di un libro con illustrazione a colori, che introduce ogni episodio. Come sempre il loro cinema altamente stilizzato riprende e trasfigura materiale (topoi) preesistente.
Il concetto base dei fratelli Coen, con il loro feroce senso dell'umorismo, si potrebbe concretizzare nell'ossimoro “allegria tragica”. The Ballad of Buster Scruggs non apparterrà alla lista dei capolavori assoluti dei fratelli Coen – ma è una delizia totale. In tutto il loro cinema i Coen hanno bordeggiato sui confini del western (non c'è solo Il Grinta; pensiamo a Non è un paese per vecchi). Il grande tema del loro cinema, che è il non-senso del mondo, il quale trova un punto fermo solo nella morte, si lega molto bene all'universo del West inteso come un mondo magmatico, in formazione. Il West come metafora dell'assurdità dell'esistenza. E in tutti questi episodi la morte e il dolore entrano come un lampo improvviso, intrinsecamente assurdo, quasi un'ingiustizia; ma non c'è giustizia nel cinema dei Coen, come scoprono i suoi personaggi, per esempio il Serious Man dell'omonimo capolavoro. La cosa più importante è che la forma a episodi permette ai Coen non solo di declinare le varie sfumature del loro cinema in una serie di sfaccettature ma anche di sperimentare: l'episodio della carovana ha un inedito respiro hawksiano che non conoscevamo nei due.
Il primo episodio, che dà il titolo al film, ci riporta i fratelli Coen più sfrenati, con un memorabile personaggio di cowboy canterino alla Gene Autry, completo di costume bianco e chitarra (i Coen non rinunciano a una delle loro inquadrature impossibili: da dentro la cassa della chitarra). Classico personaggio interpellatore coeniano, parla agli spettatori lamentandosi con gli spettatori che l'avviso di taglia sulla sua testa lo definisca “misantropo”. Si ricorderà peraltro che un cowboy canterino compariva già nel precedente Ave, Cesare! Non manca il tradizionale sadismo buffonesco coeniano nella scena del duello. E poi – senza fare spoiler – un episodio già folle di suo si allarga in follia metafisica. Questo primo episodio ci ricorda come i Coen amino la forma della parodia; ma in generale per i due fratelli la vita è una parodia in sé.
Il secondo episodio, Near Algodones, pur essendo assai divertente è un nerissimo apologo sull'assurdità che trova nella sua conclusione – una vera gemma del film – uno dei finali più tragici e tuttavia logici di tutto il cinema coeniano. Vien da dire che solo Samuel Fuller al suo meglio sarebbe stato capace di fare altrettanto.
Il terzo, Meal Ticket, è strabiliante e introduce un cambio di atmosfera del film, abbandonando la sua relativa levità. Con quest'episodio i Coen realizzano il loro personale Freaks, non meno doloroso del capolavoro di Browning, su un impresario che gira i luoghi più infimi del West esibendo un giovane privo di braccia e gambe, grottesca bambola umana, che però è un attore meraviglioso, e incanta (o dovrebbe) gli spettatori dei desolati villaggi recitando una compilation di brani che vanno da Shakespeare al discorso di Gettysburg di Lincoln. Va detto per inciso che in un film inzeppato di star (Tim Blake Nelson, James Franco, Liam Neeson, Tom Waits, Zoe Kazan, Brendan Gleeson eccetera) il più stupefacente è Harry Melling, che interpreta quest'attore. A proposito... Harry Melling, chi era costui? Noi lo abbiamo conosciuto, più giovane e completamente diverso, come il cugino Dudley dei film di Harry Potter! E' con questo film che scopriamo non un onesto caratterista ma un attore mirabile.
Il quarto episodio, All Gold Canyon, è bucolico. Si apre in una valle, su un mondo incontaminato (il corvo, il gufo, le farfalle, i pesciolini) come quello che apparve ai primi pionieri americani, e lì colpì talmente che ancor oggi risuona come un'eco nella cultura americana. Qui appare un cercatore d'oro, cantando una canzone popolare che spaventa un cervo. Il film dipinge nella ricerca e nello scavo del filone la materialità del lavoro (anche questo è un elemento ritornante nel cinema dei Coen, sebbene di solito in senso macabro, oppure comico: Burn After Reading). Però anche qui entra a sorpresa la violenza. La conclusione, dopo la partenza del cercatore, riprende esattamente le immagini di natura con cui l'episodio, come un ritorno allo stato precedente. Ma l'immagine del cervo che fiuta la fossa ci avverte: la natura non è tornata incontaminata: se pure esiste un'innocenza primigenia, questa può essere solo prima della contaminazione della presenza dell'uomo.
The Gal Who Got Rattled è il grande e disteso episodio, dal finale tragico, sulla carovana, rispetto al quale parlavo sopra di respiro hawksiano. Le scene riportano perfettamente la grande dimensione narrativa del western, anche dal punto di vista pittorico e visuale. C'è qualcosa di John Ford o Allan Dwan nel suo pudico corteggiamento; ma è tutto Howard Hawks il suo interesse per la professionalità e la dimensione umana del lavoro, per i tocchi di umorismo al suo interno (poiché lo humour hawksiano è diverso dallo humour fordiano; e qui siamo nel campo del secondo), ed anche per il suo carattere impietoso. Possiamo aggiungere che nella coppia di guide della carovana ritroviamo non solo il concetto western di gentiluomo ma anche due incarnazioni di quei “giusti” che fanno capolino sovente nel cinema coeniano, come a equilibrare moralmente la prevalenza del male..
Della storia finale, The Mortal Remains, non si potrebbe assolutamente parlare senza rovinarne la visione agli spettatori; e basterà dire che, pur essendone affatto lontana sul piano narrativo, ricorda molto da vicino il racconto che apriva A Serious Man, quindi in una concezione “todoroviana” del fantastico basato sull'ambiguità. Così con esso la tavolozza coeniana è completa.

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