martedì 27 novembre 2012

Breaking Dawn - Parte 2

Bill Condon

Si sa, è buona educazione da parte di un recensore avvertire quando la recensione contiene uno spoiler; e questa contiene lo spoiler più grosso che ci sia, in quanto rivela proprio the big surprise che rende particolarmente spudorato “Breaking Dawn – Parte 2” di Bill Condon. Ma questo recensore non si sente colpevole. In primo luogo, il lettore è avvertito. In secondo luogo, c'è già tutto nel romanzo e il film non fa che svilupparlo. In terzo luogo, la rivelazione potrebbe aiutare qualcuno a evitare di incavolarsi, o magari a non buttar via i soldi del biglietto.
Da quanto precede, sembrerà ai lettori superstiti che debba seguire una stroncatura da levare il pelo. Invece no: se “Breaking Dawn – Parte 1” era un fallimento totale, la "Parte 2" migliora man mano che si sviluppa. Il motivo non è solo che la sceneggiatura di Melissa Rosenberg è superiore a quella della puntata precedente; è anche che il racconto si concentra meno sugli zuccherosi Edward e Bella e più sugli altri vampiri, dipingendo le loro particolarità e punti di vista. Poiché si prepara e poi esplode una sanguinosa faida fra il clan dei Cullen (con tutti i loro amici... una specie di ONU vampirica... e in alleanza coi licantropi) e quello dei Volturi. Vampiri revisionisti e democratici contro vampiri tradizionalisti e conservatori.
Peraltro, proprio su Edward e Bella il film riserva una buona apertura che rende abbastanza bene la nuova ricchezza di sensi che Bella possiede dopo essere divenuta vampiro (la sua voce narrante - che poco elegantemente va e viene nel film - ci dice con soddisfazione: “Ero nata per essere un vampiro”. Non male, dopo tanto sfogliare la margherita). Sempre fortunata, Bella è anche capace di dominare da subito la sua sete di sangue. A tal proposito, per un attimo sembra perfino che il film riesca a renderla inquietante – ma sarebbe troppa grazia. Quasi mai nella saga di “Twilight” questi vampiri fanno un minimo di paura. E ciò esprime il grande “Vorrei ma non posso” della serie - sempre indecisa fra un tenue horror e un romanticismo turgido ma di serie B. Inquietanti invece sono i Volturi: perché recuperano tutto l'armamentario vampiresco tradizionale, cappe nere comprese; perché fra tanto miele i cattivi spiccano per contrasto; e perché il casting regala a loro gli attori migliori, come Dakota Fanning, Christopher Heyerdahl e soprattutto il delizioso Michael Sheen, che se la gode un mondo con un overacting sfrenato.
Anche se la sceneggiatura in un paio di punti è piuttosto impacciata (si sospetta che ciò sia dovuto alla presenza opprimente di Stephenie Meyer come produttrice), comunque evita le ridicolaggini dell'episodio precedente e procede con passabile sicurezza verso il climax della battaglia finale sul ghiaccio. Che è molto bella. Bill Condon qui ritrova tutta la sua verve di regista e mette in scena una semi-conclusione formidabile. Ottima quella notte di attesa discorrendo di antiche battaglie. Ottima, molto ben giocata sul piano visuale, l'apparizione dei Volturi dall'altro lato del campo. Qui c'è vera tensione e il romanticismo tocca una nota più autentica.
Dopo un grande passaggio di recitazione “eccessiva” di Michael Sheen, segue uno scontro molto vivace e crudele: dovizia di teste strappate, un ritmo eccellente e una esaltazione visuale cui non si potrebbe chiedere di più. Mentre guardi ammirato ti dici: ecco che finalmente la saga è sbocciata in una pagina degna di restare nell'antologia ideale del cinema di vampiri. Splendidi certi dettagli come Marcus (Heyerdahl) che accoglie la morte sospirando “Finalmente!”, o l'annientamento di Aro (Sheen), la cui testa mozza vede in soggettiva avvicinarsi la fiamma distruttrice. Il tutto nel quadro di quello shock inconfessato che sempre si prova quando si vede morire un personaggio fisso di una saga, e che qui è moltiplicato, visto che ne muoiono a mucchi...
E invece no. Perché (arriva lo spoilerone!) dopo la battaglia e la morte di Aro vediamo che era tutto un sogno, un'illusione, la visualizzazione di una profezia: Aro ha solo visto tramite le doti profetiche di Alice Cullen come andrebbe a finire (e, non essendo stupido, decide di andarsene). “Che cazzata”, ho sentito protestare a voce alta una spettatrice in sala - e aveva perfettamente ragione.
Perché al cinema una ridefinizione del già visto come ipotetico e virtuale, un “Non è successo”, appare un'intollerabile violazione (e questa è una prova in più che il tempo del cinema non è il presente, come sembra, ma il perfetto narrativo). Può essere concepibile una ridefinizione come ipotesi dell'intero apparato del racconto (Lang, “La donna del ritratto”), ma non del solo capitolo culminante.
Dopo questo gigantesco, sesquipedale, derisorio anticlimax, cosa volete? Delusi e spompati, lasciamo i vampiri vampirically correct della saga al loro destino e non parliamone più. Tanto, quando in precedenza nel film avevamo visto la cameretta preparata per la mirabolante figlia di Bella, notando che manca la cuccia per il lupo mannaro/custode/quasi fidanzato, avevamo capito qual è il loro futuro: senza ombra di umorismo, ma è la famiglia Addams.

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