Emmanuel Mouret
Scritta, diretta e interpretata da Emmanuel Mouret, l’ottima commedia francese “Un baiser s’il vous plaît” (sui poster “Solo un bacio per favore”, ma fa testo il titolo sulla copia) s’inserisce totalmente nella tradizione culturale francese: l’analisi delle passioni e il gusto raffinato del linguaggio. Gabriel conosce Emilie, di passaggio a Nancy; la invita a cena e poi le chiede un bacio. Lei risponde: “Le confesso che sarei tentata anch’io”. Ma rifiuta. Perché l’effetto di un bacio è imprevedibile, dice – e per dimostrarlo racconta a Gabriel una storia accaduta ad altre persone: Judith (Virginie Ledoyen), sposata con Claudio (Stefano Accorsi), e Nicolas (Mouret). Su di essa, in flashback, s’incentra questo film ottimamente interpretato, costruito secondo la formula del racconto nel racconto; ma grazie ai suoi ritorni al “racconto primo”, con Emilie e Gabriel che passano la serata insieme all’albergo di lei, il film si dispone lungo la dimensione dell’attesa, scandito da un elegante gioco di schermaglie e provocazioni che richiama alla memoria “La notte e il momento” di Crébillon fils.
Nicolas si lamenta con la sua stretta amica Judith perché, lasciatosi con la sua ragazza, soffre per la mancanza dell’“affetto fisico”. Fatto sta che lui non è capace di fare l’amore senza farlo precedere dalla “complicità” del bacio. Per questo non è riuscito a combinare niente con la prostituta Eglantine (le prostitute, si sa, non baciano mai). Così chiede a Judith - a titolo di amicizia e quindi senza coinvolgimenti - un bacio e tutto il resto. Occorre ricordare che in francese “baiser” vale tanto “baciare” quanto “scopare”?
Lei, da buona amica, gli compiace. Meraviglioso il dialogo, in cui con beneducata timidezza contrattano i gesti e le licenze dell’amore (ossia ciò che per definizione non si contratta ma si osa)! Il guaio è che ai due questo “baiser” è piaciuto troppo – talché ben presto farlo coi partner legittimi (il marito di lei e la nuova ragazza di lui) non piace più. Seguono gustosi paradossi, con loro che continuano a rifarlo nel tentativo di non farselo piacere, e sempre col risultato contrario. Ma insomma dove sarà il confine? “Tra amore, amicizia, attrazione e complicità non riesco a capirci più un cavolo”. E questo è molto divertente, perché è proprio quella mania analitica e tassonomica ch’è tanta parte della cultura francese – ma che qui umoristicamente diventa qualcosa di molto urgente e vitale.
Il concetto di partenza di Nicolas e Judith era di un utilitarismo addirittura reichiano. Troppo semplice! Ricorrendo a Pascal potremmo osservare che i due sono rimasti presi nella contraddizione fra “esprit de géométrie”, razionalista, ed “esprit de finesse”, intuitivo. Il primo è connaturato alla loro formazione (non per niente lui è professore di matematica – e s’intende di matematica anche la prostituta, che orecchiamo al telefono – mentre Judith è chimica), ma solo il secondo riesce a scandagliare l’interiorità dell’uomo.
Di qui uno sviluppo molto intelligente, elegante e divertente, imperniato su (cito una bella recensione francese di Jacques Mandelbaum) “questo conflitto tra la ragione e la passione, la virtù e il desiderio, la parola e l’atto” che Mouret spiritosamente esplora. I due riconoscono di essere innamorati; Nicolas molla l’amante Caline ma Judith non vuole spezzare il cuore a Claudio. Articolano un folle progetto per risolvere il problema (far conoscere e innamorare Claudio e Caline) – ma nei loro piani, rohmerianamente, il destino mette la coda.
“Un baiser” s’inserisce nella grande tradizione teatrale, oltre che letteraria, francese. Ma non si pensi che sia un film teatrale. La regia di Mouret è fresca e viva. Il miglior esempio è il modo in cui le immagini presenti nell’inquadratura rispecchiano il racconto; attraverso di esse il film amabilmente fa il verso ai patemi e ai destini dei personaggi.
Ce ne accorgiamo per la prima volta quando vediamo Nicolas impensierito accanto al ritratto di un uomo meditabondo. Quando Emilie porta Gabriel in camera sua, ci accoglie con ironia una stampa di gentiluomo settecentesco che concupisce una fanciulla. Il trionfo di questo rispecchiamento è un breve racconto di Gabriel incastonato nella storia, che si svolge in un museo, i cui dipinti rispecchiano e commentano ogni attimo, ogni frase. Invece Schubert (nume tutelare della storia), in una gigantografia, con gli occhi persi nel vuoto, lontani dallo svolgimento, sembra voler negare ogni responsabilità. Un abbraccio clandestino nel laboratorio chimico è delimitato a destra e sinistra da triangoli da cartelli di pericolo (la fiamma, il teschio e tibie); poco dopo, i due amanti si baciano contro un manifesto di funghi velenosi, delle amanite.
Ah, ma nella nostra vita quotidiana, diamo ascolto ai segnali di pericolo contro cui ci appoggiamo quando ci baciamo? Difficilmente. Né siamo saggi come Emilie, che dice a Gabriel che vuole che restino in silenzio dopo (alfine!) il bacio: “Dobbiamo proteggerci da ogni possibile imprevisto e dagli scherzi del cuore”.
Il Nuovo FVG
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