venerdì 18 gennaio 2008

INLAND EMPIRE

David Lynch

“Vedo sempre più i film come separati da qualunque tipo di realtà. Sono piuttosto simili a fiabe o sogni” (David Lynch). Ecco dunque “INLAND EMPIRE” - che per la sua ampiezza è la “Divina Commedia” di Lynch, e forse il film più importante di questi ultimi anni (“IE” sta al cinema narrativo odierno come l’“Ulisse” di Joyce sta alla narrativa ottocentesca).
I ricorrenti temi lynchani dell’adulterio (“Velluto Blu”) e della maternità biologica (“Eraserhead”) sono il filo rosso di cui s’intesse il film. L’attrice Nikki Grace (una colossale Laura Dern) deve interpretare un film, remake di un film europeo incompiuto di dubbia fama. Il suo personaggio, Sue, è il suo rovesciamento, la sua Ombra in senso junghiano – e con ciò, la sua strada alla comprensione. Non manca il tono fiabesco amato da Lynch (“Cuore selvaggio”), con una inequivocabile strega (Grace Zabriskie) che compare all’inizio, e viene bilanciata alla fine da una sorta di fata buona, la “homeless” negra, autentica figura di psicopompo, che aiuta Sue a morire.
Ma se un film è un sogno (Lynch), girare un film vuol dire entrare nel sogno. Ciò può significare non riuscire a risvegliarsi (Nikki, dopo la sua magnifica scena di morte nei panni di Sue, rimane immobile come un vero cadavere, poi si alza e cammina come in trance). La il/logica onirica e preconscia di Lynch non confonde sogno e realtà, qui, bensì almeno 4 diversi mondi, che si racchiudono gli uni negli altri, s’intersecano e si riversano fra loro. In realtà non sono mondi separati perché sono tutti contenuti nella mente (il che spiega la facilità con cui si scambiano). Lynch fa un cinema mentale.
Sono: il mondo dell’attrice Nikki; quello del film di Sue; quello cupo e crudele di una Polonia dell’inconscio; e infine il mondo dei Conigli. Ove tre esseri dalla testa di coniglio (la classica famiglia triangolare di Lynch) siedono davanti alla macchina da presa come in un teatro, e infatti un pubblico invisibile applaude; i loro gesti sono un calco semiparodistico della vita umana (com’è inquietante mamma Coniglia quando con due lampade in mano sembra guidare la materializzazione di papà Coniglio come l’atterraggio di un aereo – col sonoro appropriato). E’, questo dei Conigli, uno di quegli “inframondi” che riempiono il cinema di Lynch, dal Teatro del Termosifone di “Eraserhead” alla Red Room di “Twin Peaks”: sgabuzzini metafisici di sospensione agrodolce in una sorta di eterna attesa, dove sedere per sempre nella classica inquadratura lynchana: frontale, statica, bilanciata: “scene eternizzanti” (Michel Chion).
Esiste un canale verso quei mondi? Uno è il sogno; ma poiché, come ama ripetere Lynch, il sogno non è controllabile, uno può ricorrere a qualche magia (del resto: “Ci resta sempre la magia”, sogghigna la strega a inizio film). Nikki apprende una semplice ingenua magia dalle prostitute oniriche: forando una sottoveste di seta con una sigaretta e guardando attraverso il buco si lancia un’occhiata sull’inframondo – e infatti questo buco lo vediamo apparire per un attimo su una parete della casa dei Conigli.
Dove il pubblico invisibile di questo teatro (o sitcom? Lynch ne ha girata una) risponde con risate plaudenti a frasi completamente anodine (“Che ora è?”). Nel suo cinema Lynch postula un universo di separazione dove tra il gesto/enunciazione e la reazione c’è un larghissimo oceano in cui la logica causa/effetto si perde. La distanza fra le creature viventi è troppo grande. Di questo “non sequitur” universale il teatrino dei Conigli in “IE” è un’illustrazione incredibilmente cristallina e concentrata.
Che inevitabilmente ci fa pensare (con rimpianto) a una logica segreta: quello di un super-testo segreto, un Ur-Text che spiegherebbe ogni cosa, è un tema profondo del cinema di Lynch. Infatti, di questo Ur-Text segreto il cinema lynchano è pieno di frammenti, volgarizzazioni adattate al singolo caso (il diario di Laura Palmer?), Ersatz. Il sogno di una conoscenza che dovremmo avere per comprendere il mondo e non abbiamo, o abbiamo dimenticato.

(Il Nuovo FVG)

1 commento:

baotzebao ha detto...

a te, ma solo a te, chè altri mi potrebbero prender per matto ( e con le loro buone ragioni ) dico e scrivo che la SOLA cosa da dire, dopo aver visto due volte, con la dovuta Attenzione, il film è: "la Proiezione è tutto".

Basta la prima immagine, dico la primissima (vista la Seconda volta, però ) e quel nero che si fa luce, come da un proiettore...

Ok. Nelle recensioni bisogna essere un po più lunghi e chiari, ma se si vuo dar conto con adeguata vicinanza di un opera d'arte, bastano poche parole.

ciao