martedì 31 ottobre 2023

Anatomia di una caduta

Justine Triet

La morte di chi ci è vicino cambia tutto; sposta il nostro modo di vedere; ci porta a esplorare l’intero passato con altri occhi. Ma se poi si è accusati di averlo ucciso, e ci si deve difendere, inevitabilmente il ricordo (che pure va esposto, e in modo conveniente) diventa teatro. Accade alla protagonista di Anatomia di una caduta di Justine Triet, meritata Palma d’Oro a Cannes, scritto dalla regista con Arthur Harari.
Sandra (Sandra Hüller) è una scrittrice di successo ed è sposata a Samuel (Samuel Theis), un nevrotico aspirante scrittore che si piange addosso accusando lei per il suo fallimento esistenziale. La musica "ethno-rock" che diluvia dalla stanza di sopra per sabotare un'intervista, all'inizio del film, è un'aggressione fisica. I due hanno un figlio di undici anni, Daniel (Milo Machado-Graner, un’interpretazione incredibile alla sua giovane età), che è ipovedente: i suoi occhi azzurri offuscati ci colpiscono, e formano una sorta di “rima visiva” a contrariis con quelli azzurri vivissimi del suo border collie (che è un personaggio a tutt’effetto all’interno della trama). Tornando da una passeggiata nella neve col cane, Daniel trova in terra il padre morto per una caduta dall’alto della loro casa isolata. Incidente? Omicidio? La polizia si getta subito su una presupposizione, e Sandra viene arrestata e processata.
Anatomia di una caduta: questa caduta è quella materiale di Samuel ma anche quella metaforica di un matrimonio in caduta libera (ove l’aspetto più tragico è che la romantica “fine dell’amore” non c’entra). L’una e l'altra caduta vengono letteralmente anatomizzate. Quegli scontri segreti che appartengono alla normalità in molte famiglie sono resi anormali dalla morte: vengono scavati fuori, vengono letti come segni rivelatori.
Questo film non è propriamente un legal thriller, pone al centro l’aspetto psicologico, ma ne partecipa della tensione appassionante. C’è qualcosa nel film che un po’ ricorda Polanski, nel modo in cui la rete si stringe implacabilmente su Sandra. Anche il suo essere una scrittrice che innesta nella fiction tratti di autobiografismo viene assunto come indizio (secondo un certo modo comune di vedere, scherzava Umberto Eco, Agatha Christie è una cattiva vecchia signora, e non bisogna lasciare pannocchie a portata di mano di Faulkner). Questo culmina in un processo (ove il feroce pubblico accusatore è Antoine Reinartz e l’avvocato innamorato è Swann Arlaud) tutto costruito su allusioni, ipotesi date per scontate, insinuazioni, non sequitur offerti come deduzioni, prepotenze procedurali. Chi scrive non è un ammiratore della magistratura italiana ma in confronto allo stile processuale francese, come lo dipinge Justine Triet, quello italiano sembra Perry Mason. Bisogna aggiungere che gioca un ruolo nel film il plurilinguismo, con l’inglese usato prima come lingua intermedia fra tedesco e francese e poi come ancora di salvezza.
Anatomia di una caduta procede per così dire all’incontrario; la storia precedente emerge retrospettivamente, tutto ciò che era nascosto viene svelato; e tuttavia al fondo resta il mistero. Perché, come il bambino, non siamo sicuri di nulla, né dell'innocenza né della colpevolezza; l’incertezza sulla verità attraversa il film, e tale incertezza non è dissipata neppure da un coup de théa
tre alla fine; persino le immagini che vediamo in flashback sono ambigue come statuto di realtà.
Non è sbagliato osservare che, al di là del suo ruolo nella trama, c’è un elemento simbolico nella condizione di Daniel, ipovedente. Il film è una riflessione dolorosa sul “non vedere chiaro”: l'incertezza di fondo, propria della condizione umana, sulla verità, e il fatto che bisogna pur scegliere una posizione in mezzo ai dubbi (anche lo spettatore!) per continuare a vivere.
Colpevole o innocente, Sandra nel finale si addormenta abbracciata al border collie, l’unica creatura del film in cui l'esistenza coincide sicuramente con la verità.

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