sabato 10 giugno 2023

Prigione 77

Alberto Rodriguez 

Il regista Alberto Rodriguez è noto da noi in particolare per La isla mínima, un bel thriller su due poliziotti che indagano su un serial killer nella Spagna più profonda. Rodriguez (sempre col suo co-sceneggiatore fisso Rafael Cobos) usa il cinema di genere come un pretesto per analizzare la società spagnola. Ora ritorna con l’interessante Prigione 77, un film carcerario a sfondo politico, basato su fatti veri.
Siamo nel 1976: arrestato per un furto in ditta, che ha commesso ma che un complice altolocato ha fatto apparire più grande, il giovane contabile Manuel (Miguel Herrán) precipita nell’inferno delle prigioni spagnole, fra corruzione e violenza delle guardie (se vuoi un materasso devi pagare, se protesti ti riempiono di botte). Franco è appena morto, si parla di democrazia, ma l'impianto carcerario rimane assolutamente franchista. I prigionieri politici vengono rilasciati ma per i comuni, “nada”. Nasce una sorta di sindacato dei prigionieri che chiede l'amnistia; però Manuel e il suo compagno di cella Pino, portati via di notte per trasferirli in un altro carcere che è un vero luogo di tortura, pagano il prezzo di una repressione feroce. 
Una strana mancanza del film è che ignora, non totalmente ma certo largamente, la risposta fuori, con manifestazioni di adesione e veglie nella strade davanti al carcere (eppure, che ci fossero, non lo dice solo la logica ma anche le fotografie – autentiche – dei titoli di coda).
La descrizione della vita interna della prigione dal punto di vista dei carcerati, e in particolare di Manuel che inizialmente non si ritiene uguale agli altri, è l’aspetto migliore del film (nel ruolo di Pino, ottimo Javier Gutiérrez, visto anche ne La isla mínima). Prigione 77 non è un thriller, come pure è stato detto: è un solido film di impegno sociale, realizzato con partecipazione e capacità descrittiva. I due sceneggiatori Rodriguez e Cobos vogliono ficcarci dentro tutto, come nei film del Marvel Cinematic Universe, ma finché la storia tiene, va tutto bene. Anche nella regia di Alberto Rodriguez, in Prigione 77 ritroviamo caratteristiche già presenti ne La isla mínima come l’uso del drone per inquadrature perpendicolari molto dall’alto, tali che il paesaggio sottostante diventa un reticolo (se viene in mente il David Lynch di Una storia vera, il riferimento non è tanto ozioso, perché La isla mínima mostrava che Lynch ha effettivamente un’influenza su Rodriguez).
Il problema si pone a tre quarti del film, quando una brusca svolta – ma brusca davvero – crea un vero cambio di paradigma nella logica dei generi. Manuel perde d’un colpo la fede nella lotta dell’associazione dei carcerati, e il film diventa un film di evasione dal carcere, con Manuel, Pino e altri che scavano la classica galleria – tutto concentrato nell’ultimo quarto di durata, anche con un’evidente accelerazione narrativa. Non sarebbe tanto un difetto in sé, ma questa sproporzione di tempo fra le due parti (sarebbero state necessari, per bilanciarsi, come minimo, un’ora e un quarto contro tre quarti d’ora) apre una grave falla sul piano dell’unità artistica.

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