J.K. Rowling
Quel tanto di
animismo che è sempre vivo in noi ci fa umanizzare gli oggetti,
dargli sentimenti e sembianze umane – e nota che le seconde
derivano dai primi. Così su un oggetto smarrito non solo possiamo
sentire una perdita affettiva ma ci capita di immaginare in lui sensi
di abbandono e solitudine.
Con
humour, tenerezza e partecipazione umana J.K. Rowling ne “Il
Maialino di Natale” (Salani) racconta la ricerca di uno di questi
oggetti – un maialino di pezza – da parte di un bambino, Jack, in
un mondo fantastico di Cose umanizzate. Bisogna infatti sapere che qualsiasi
cosa venga smarrita finisce nella Terra dei Perduti, dove regna un
mostro, il Perdente, divoratore di cose smarrite. E' una triste landa
dove sorgono tre città: Usa e Getta, Dove Sarà Mai e Città dei
Rimpianti – differenti per ricchezza in base al valore dell'oggetto
perduto. Alla ricerca del maialino di pezza, in compagnia di un
maialino nuovo che è un rimpiazzo rifiutato, Jack fa un viaggio da
una città all'altra fino a Città dei Rimpianti, dove regna Potere
con Ambizione come consigliera.
Il modello è evidentemente il
“Pilgrim's Progress” – un caposaldo della cultura anglosassone
– e questo è decisivo nello strutturarsi del romanzo, ma è anche
un suo punto debole. Poiché vengono assimilati nella categoria delle
Cose perdute umanizzate tanto oggetti reali e concreti quanto
astrazioni (Felicità, Speranza, Ambizione, Bellezza, Potere....),
l'allegoria pone un problema. Il paio di occhiali che fa da sceriffo
a Usa e Getta è un'entità reale, perduta da Tizio o Caio; ed anche
Ambizione, Potere, Speranza e così via raccontano di essere stati
perduti da un loro dato proprietario. Ma... e il Potere perduto da
qualcun altro? Impossibile che ci siano tanti Potere in giro per il
paese come ci sono tanti temperini, giocattoli, e magari gioielli.
Quest'ambiguità permane in tutto il libro, per esempio con Felicità
che sembra essere piuttosto un'idea generale. Tuttavia è
ineliminabile, vista l'importanza di personaggio che hanno tali
astrazioni.
Non
se ne preoccuperanno i bambini, e anche per gli adulti il romanzo
(illustrato da Jim Field) rimane comunque una piacevolissima lettura.
E non priva di commozione, non solo per il climax natalizio. J.K.
Rowling non ha mai limitato l'aspetto doloroso della vita ai testi
“adulti” (lo esplora splendidamente nel magnifico “Il seggio
vacante” ed è un filo rosso della trama dei gialli firmati
Galbraith): è sotteso alla saga di Harry Potter ampliandosi man mano
che progredisce; ed è molto marcato qui, nella prima parte, cioè
prima che il racconto si sviluppi nel fantastico. Rowling ci parla –
dal punto di vista dei bambini – di divorzio, di crisi perché il
genitore si risposa, di solitudine e ira e bullismo adolescenziale. I cuori dei bambini nella realtà come i cuori delle Cose nella finzione, in una visione delicata e serena del dolore in assoluto.
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