Byron Howard, Jared Bush, Charise Castro Smith
Il nuovo cartoon Disney
Encanto è diretto da Byron Howard
e Jared Bush (co-regia di Charise Castro Smith), ossia due dei tre
che ci avevano dato l'eccellente Zootropolis.
Ritroviamo anche qui il messaggio di quel film (come di tutta la
produzione Disney e Pixar): “Ce la puoi fare”. Con la
protagonista Mirabel Madrigal si compie un passo ulteriore nella
tendenza di allontanamento dalle antiche eroine Disney: non ha nulla
di glamorous, è una ragazzina bassa, riccioluta, con occhiali
enormi che le danno un'aria, più che da Harry Potter, da Woody Allen
in erba. Ma niente Woody Allen nello spirito, che è quello
indomabile delle sue consorelle.
Encanto è quasi
un musical, con canzoni di Lin-Manuel Miranda, ambientato nel mondo
latinoamericano. Come non ricordare lo splendido Coco della
Pixar, che però si svolgeva nel Messico, mentre qui siamo in
Colombia. Nella magica casa della famiglia Madrigal (una casa vivente
che amplia il concetto disneyano degli oggetti umanizzati), ogni
membro della famiglia possiede un talento (gift in originale):
chi è superforte, chi può far spuntare fiori a volontà, chi può
cambiare aspetto, chi domina il tempo atmosferico, chi parla con gli
animali. Tutti si mettono al servizio della comunità sotto l'occhio
attento dell'inflessibile Abuela (Nonna), custode della candela
magica che le è stata data miracolosamente in gioventù al momento
del sacrificio del marito, ucciso da uomini a cavallo (questo momento
iniziale è l'unico in cui compare nel film il concetto di “nemico”).
La candela dona il talento ai bambini Madrigal quando raggiungono una
certa età (la cerimonia ricorda la Prima Comunione).
Misteriosamente, solo Mirabel non ha ricevuto alcun talento, e ciò
la fa sentire inferiore – non senza un certo contributo da parte
dei parenti: nessun bambino vorrebbe sentirsi dire dalla nonna “Per
alcuni il modo migliore di aiutare è di farsi da parte”.
Non è una novità per
la Disney, ma qui è più marcata che mai: in Encanto l'opposizione da cui nasce il racconto non è esterna ma è interna,
si situa tutta entro i confini dei rapporti familiari. Quando
improvvisamente (qui si trasporta sul piano fiabesco l'esperienza dei
terremoti) si formano delle crepe sui muri, Maribel corre ad
avvertire gli altri ma non viene creduta, perché i muri sono già
tornati intatti.
Il film quindi si
costruisce narrativamente e visivamente sulla materializzazione di
una metafora: le crepe che si formano nella casa equivalgono alle
crepe nella vita familiare; con una simbologia un po' più astratta,
ciò vale anche per la candela magica, che rischia di spegnersi. Così
al cuore del film non sta la lotta contro un avversario ma il viluppo
di tensioni aperte o sottaciute che coinvolgono tutti i Madrigal. In
primis c'è la stanchezza di dover corrispondere sempre alle
aspettative: l'erculea Luisa la esprime in una delle scene migliori,
una canzone con contorno di asini ballerini. L'impiego dei talenti ha
finito per diventare un magnete attorno al quale ruota tutta l'esistenza della famiglia.
Non troppo apprezzato
dalla critica, indubbiamente Encanto è a tratti macchinoso
nella sceneggiatura, ma resta un film vivo, colorato, divertente.
Probabilmente ha troppi personaggi per dare spazio a ciascuno, ma
funziona come commedia corale. Anche la parte in cui Maribel penetra
nel rifugio segreto del cugino estraniato Bruno (il cui talento è
inquietante e particolare), comprendente all'inizio un inatteso
spostamento di buon ritmo sul piano avventuroso, è piacevole, e
contiene alcuni buffi momenti coi topi (si può sempre contare sulla
Disney per gli animali). Infine il dénouement, che esprime la
morale della favola, ha una logicità che salda bene la metafora di
base alla narrazione. Encanto non raggiunge il livello di Zootropolis ma è comunque una buona aggiunta alla filmografia
disneyana.
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