Ci
sono due punti di svolta nella costruzione di Creepy. Il primo
è naturalmente quando i due coniugi – un ex poliziotto e sua
moglie, appena trasferitisi - portano ai vicini il tradizionale
regalo dei nuovi arrivati, come da tradizione giapponese - e questi
regali vengono respinti con un misto di indifferenza e ostilità. Ci
colpisce come un allontanamento dalla tradizione giapponese; e
abbiamo un bel metterla sul piano dell'allentamento dei rapporti
sociali nel mondo contemporaneo, ma il modo bizzarro e inquietante
(creepy) in cui ciò si svolge introduce nel film un elemento
di allarme: paradossalmente sarebbe stata più comprensibile una
ripulsa maleducata. Con questa strana ambiguità di comportamento,
che lascia supporre misteri nascosti (e infatti sentiamo parlare
della madre malata di una vicina, della moglie dell'altro, ma non le
vediamo) siamo già in area Hitchcock – e Creepy è un film
fortemente hitchcockiano. Lo diventa ancora di più – perché tocca
il tema hitchcockiano dell'indecifrabilità degli esseri umani,
specie quelli che credi di conoscere di più – quando si arriva al
secondo punto di svolta, che è un mutamento di prospettiva morale.
In
principio infatti l'asse morale del film sembra semplice: “buoni”
(i due coniugi) vs. “cattivi” (i vicini coi loro segreti). Questo
è solo rafforzato dagli accenni di rivelazione della figlia del
vicino Nishino. Costui si caratterizza subito come il perno del
segreto, e quando la moglie del protagonista comincia a frequentarlo
crediamo di vedere la classica situazione della “bella-ma-sciocca”
che si mette nei guai. Ma quando il comportamento di lei cambia,
implicando un rapporto di complicità con Nishino, ecco che l'asse
morale del film viene spostato (e qui ci rendiamo contro della
somiglianza di comportamento con la famiglia scomparsa del cold
case su cui l'ex poliziotto indaga).
Ed
è un mutamento non solo di asse morale ma di genere: perché
cominciamo a sospettare che una trasformazione simile non possa
verificarsi nel quadro realistico del thriller ma implichi qualche
tipo di spiegazione più affine al fantastico. Nonostante ciò, siamo
sempre in territorio hitchcockiano, ribadito da una citazione
patente: quando il vecchio poliziotto si introduce in casa di
Nishino, è Psycho, con il sarcastico rovesciamento finale che
la sua demise invece che dall'alto viene dal basso (la botola
nascosta).
L'elemento
fantastico della droga che annulla parzialmente la personalità, del
resto, è introdotto molto bene mediante un'analogia con le droghe
del mondo reale (la vittima che sembra in crisi di astinenza). Quando
poi tutto il quadro si è rivelato, l'inarrestabilità di questa
droga ci fa pensare al concetto di epidemia (tutt'altro che ignoto a
Kurosawa Kiyoshi) - ma in un certo senso anche agli zombi: se posso
dirlo, una zombizzazione della personalità anziché della carne - e
in questo senso anche più inquietante.
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