Non
fa meraviglia che Pedro Almodovar abbia dichiarato che Blancanieves
è il miglior film spagnolo dell'anno: è suo! Ovvero: rientra
totalmente in un'ispirazione almodovariana, a tutti i livelli:
narrativo, figurativo, stilistico, persino in certi dettagli come un
interesse affascinato per il coma (cfr. Parla
con lei).
Questo
film scritto e diretto da Pablo Berger è un neo-muto, come The
Artist
di Michel Hazanavicius (ma con meno finezza) e infatti ha aperto in
ottobre – con scelta piuttosto discutibile – l'edizione 2013
delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. La trama è un
complicato retelling
in salsa spagnola, tutta corride e flamenco, della storia di
Biancaneve. La madre di Carmen muore mettendola al mondo lo stesso
giorno in cui il padre, un torero, resta paralizzato nella corrida.
L'ex torero sposa la sua perfida infermiera (Maribel Verdú,
perfetta con quel viso da insetto predatore). La figlia cresce in
casa maltrattata dalla matrigna, che tormenta anche il paralitico;
questi insegna di nascosto alla figlia a toreare. In seguito la
matrigna lo uccide (con un'inquadratura citazionistica hitchcockiana)
e incarica il suo chauffeur,
nonché amante, di uccidere Carmen. La ragazza per sfuggirgli cade in
un fiume e quasi annega. Viene trovata e accudita da sette nani, che
fanno uno spettacolo comico di toreri, ma ha perso la memoria.
Tuttavia ricorda ancora l'arte del matador,
e accanto ai sette nani diventa una donna torero famosa... Già ce ne
sarebbe in abbondanza per un film, ma siamo appena a metà.
L'idea
è certamente interessante, ma anche con la massima buona volontà è
difficile guardare a Blancanieves
come a un vero film muto; e certo non basta la sostituzione del
dialogo con didascalie. Per
quanto alcune immagini possano ricordare i classici, il montaggio è
completamente moderno. Certo, il muto ha avuto anche altre forme di
montaggio rispetto al classicismo del “grande muto” americano, e
magari a queste Blancanieves
è più vicino: ma citare il montaggio di Ejzenštejn
in questa occasione sarebbe una bestemmia, e comunque Blancanieves
non guarda affatto ad Ejzenštejn
o Gance o Pabst ma segue direttamente e volutamente il linguaggio
contemporaneo - senza l'ombra di quell'interesse verso lo stile
d'epoca (oscillante fra i '20 e i '40, ma d'epoca) che rendeva
piacevole The
Artist.
Allo stesso modo, è completamente contemporanea la recitazione degli
interpreti.
Il
motivo principale, però, per cui questo film muto non è un film
muto non consiste nel montaggio bensì in un'incertezza di fondo nel
regime del sonoro. Il problema sono i suoni diegetici, ossia i
rumori. Un film muto naturalmente non li conteneva (se non
eccezionalmente, in occasione di accompagnati complessi, come le
pistolettate a salve durante le scene di battaglia nella “prima”
con grande orchestra di Nascita
di una nazione).
Ora, la grande contraddizione di Blancanieves
è che i suoni a volte entrano nella colonna sonora (il battito di
mani, il graffiare della puntina del grammofono a fine disco), a
volte restano muti, impliciti nell'immagine, mentre in un caso il
chicchirichì di un gallo viene reso con una frase musicale. Il
massimo della contraddittorietà è nella scena della prima “corrida”
di Carmen (scende in campo per salvare un nano a mal partito): vi
sono applausi che non si sentono e campane che si sentono nella
stessa scena.
Ma
qual è il valore di Blancanieves
, potremmo chiederci, al di là della filologia del muto? In verità
si tratta di un film piuttosto incerto e sconclusionato. Il punto è
che in questa Blancanieves
non solo non c'è fiabesco (e questa è una legittima scelta di
partenza) ma non c'è neppure leggerezza né ironia complessiva. Così
quando entrano degli elementi di umorismo - la matrigna in attire
sadomaso col suo amante - pur fornendo le immagini migliori del film
risultano stridenti in quanto non accordati col resto. Ora tragico
ora grottesco, ora buffonesco ora mélo, ora garbato (il nano
innamorato) ora volutamente eccessivo (l'infarto di Angela Molina
mentre balla), il film aspira a realizzare un mélange
di toni dove il modello di Almodovar è più che evidente - ma lascia
piuttosto un senso di sconcertata sazietà. Per cui anche un unhappy
ending
che in sé non è brutto partecipa della mancanza di equilibrio del
film.
Nessun commento:
Posta un commento