giovedì 12 giugno 2025

Ballerina

Len Wiseman

All’uscita di Ballerina di Len Wiseman (spin-off della serie John Wick), bastava leggere la stroncatura in puro stile anni Settanta di Porro sul Corriere della sera per capire che si tratta di un bel film. E infatti Ballerina è senz’altro bello, anche se inferiore all’ultimo film (il quarto) della “serie madre”, film geniale nel ripercorrere la storia del cinema popolare attraverso la geografia dei viaggi di John Wick. Sul piano temporale il presente spin-off si situa tra il terzo e il quarto film della serie.
Un’inquadratura ci dice tutto sul programma del regista (e dei produttori, fra cui Keanu Reeves). Quando Eve (Ana de Armas) fa fuori un avversario spaccandogli la testa a colpi di telecomando, naturalmente a ogni colpo vediamo cambiare il film sul grande televisore della stanza, e l’ultimo è una citazione decisiva: è Io... e il ciclone (1928) di Buster Keaton, il re della geometria cinematografica, quando la facciata della casa gli crolla addosso ma lui si salva perché sta esattamente dove cade il riquadro vuoto di una finestra. Ballerina (e tutta la serie John Wick) si basa su un’idea del cinema d’azione come pura geometria, non semplice balistica. I suoi percorsi e movimenti sono così belli che per trovarne di simili bisogna riandare con la memoria al vecchio cinema di Hong Kong – non per nulla, una delle cinematografie cui rende omaggio John Wick 4. In Ballerina, basta pensare alla splendida scena delle bombe a mano: geometria cinetica pura, e per l’appunto un gioco di spazi e di movimenti degno di Jackie Chan. I film di John Wick sono un’accumulazione di geometrie, e non solo sul piano dei combattimenti: Ballerina si basa su un sistema di raddoppiamenti sia nella diegesi (due padri fuggitivi, due bambine portate via, due sorelle combattenti, due progetti del nemico) sia nella definizione dei personaggi (Eve è un doppio di John Wick, che appare nel finale a rendere più chiaro come le loro storie di individualismo ribelle si riflettano l’una nell’altra).
C’è una folle esagerazione, certamente, in questi scontri (comprendente perfino l’uso intensivo di un lanciafiamme). Tutta la serie John Wick – andando naturalmente in crescendo – è basata su un “barocchismo guerriero” in confronto al quale la serie concorrente Mission: Impossible è neorealismo. Chi non ricorda la scalinata di John Wick? La sfida della serie è di costruire un’illusione credibile attraverso il godimento della visione, nel che rientra l’abile costruzione di un immaginario para-mitologico: l’indimenticabile hotel Continental e le varie organizzazioni criminali, in primo luogo la Ruska Roma di Anjelica Huston, col suo carico di riti, simbologie e ferrei codici (ove i film materializzano un mito, quello dei “banditi d’onore”, antecedente al cinema stesso, presente nel feuilleton, e ancor prima).
I film di John Wick sostituiscono al fato (non a caso invocato solo dal villain Gabriel Byrne) la responsabilità, in un rigido sistema di rules e consequences. Nella sua relativa semplicità rispetto agli altri film, Ballerina indica bene come l’origine profonda del cinema di John Wick, con la sua ossessione degli spari, non stia tanto nel thriller/noir quanto nel western. Se il noir si basa su un’ambiguità morale generalizzata, in John Wick e in Ballerina lo spettatore esulta nel vedere i cattivi mordere la polvere en masse. Con il la loro divisione netta fra l’“io” del(la) protagonista combattente e il “loro” dei nemici, senza alcuna negoziazione (quando il nemico crolla a terra ferito non bisogna trascurare l’ultimo colpo), questi film fanno propria la dura morale euclidea del western: la distanza più breve fra due punti è la linea retta di una pallottola.

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