Len Wiseman
All’uscita
di Ballerina di Len Wiseman (spin-off della serie John Wick),
bastava leggere la stroncatura in puro stile anni Settanta di
Porro sul Corriere della sera per capire che si tratta di un
bel film. E infatti Ballerina è senz’altro bello, anche se
inferiore all’ultimo film (il quarto) della “serie madre”, film geniale nel ripercorrere la storia del cinema popolare attraverso la
geografia dei viaggi di John Wick. Sul piano temporale il presente
spin-off si situa tra il terzo e il quarto film della serie.
Un’inquadratura
ci dice tutto sul programma del regista (e dei produttori, fra cui
Keanu Reeves). Quando Eve (Ana de Armas) fa fuori un avversario
spaccandogli la testa a colpi di telecomando, naturalmente a ogni
colpo vediamo cambiare il film sul grande televisore della stanza, e
l’ultimo è una citazione decisiva: è Io... e il ciclone (1928) di
Buster Keaton, il re della geometria cinematografica, quando la
facciata della casa gli crolla addosso ma lui si salva perché sta
esattamente dove cade il riquadro vuoto di una finestra. Ballerina (e
tutta la serie John Wick) si basa su un’idea del cinema d’azione
come pura geometria, non semplice balistica. I suoi percorsi e
movimenti sono così belli che per trovarne di simili bisogna
riandare con la memoria al vecchio cinema di Hong Kong – non per
nulla, una delle cinematografie cui rende omaggio John Wick 4. In
Ballerina, basta pensare alla splendida scena delle bombe a mano:
geometria cinetica pura, e per l’appunto un gioco di spazi e di
movimenti degno di Jackie Chan. I film di John Wick sono
un’accumulazione di geometrie, e non solo sul piano dei
combattimenti: Ballerina si basa su un sistema di raddoppiamenti sia
nella diegesi (due padri fuggitivi, due bambine portate via, due
sorelle combattenti, due progetti del nemico) sia nella definizione
dei personaggi (Eve è un doppio di John Wick, che appare nel
finale a rendere più chiaro come le loro storie di individualismo
ribelle si riflettano l’una nell’altra).
C’è
una folle esagerazione, certamente, in questi scontri (comprendente
perfino l’uso intensivo di un lanciafiamme). Tutta la serie John
Wick – andando naturalmente in crescendo – è basata su un
“barocchismo guerriero” in confronto al quale la serie
concorrente Mission: Impossible è neorealismo. Chi non ricorda la
scalinata di John Wick? La sfida della serie è di costruire
un’illusione credibile attraverso il godimento della visione, nel
che rientra l’abile costruzione di un immaginario para-mitologico:
l’indimenticabile hotel Continental e le varie organizzazioni
criminali, in primo luogo la Ruska Roma di Anjelica Huston, col suo
carico di riti, simbologie e ferrei codici (ove i film materializzano
un mito, quello dei “banditi d’onore”, antecedente al cinema
stesso, presente nel feuilleton, e ancor prima).
I
film di John Wick sostituiscono al fato (non a caso invocato solo dal
villain Gabriel Byrne) la responsabilità, in un rigido sistema di rules
e consequences. Nella sua relativa semplicità rispetto agli altri
film, Ballerina indica bene come l’origine profonda del cinema di
John Wick, con la sua ossessione degli spari, non stia tanto nel
thriller/noir quanto nel western. Se il noir si basa su un’ambiguità
morale generalizzata, in John Wick e in Ballerina lo spettatore
esulta nel vedere i cattivi mordere la polvere en masse. Con il la
loro divisione netta fra l’“io” del(la) protagonista
combattente e il “loro” dei nemici, senza alcuna negoziazione
(quando il nemico crolla a terra ferito non bisogna trascurare
l’ultimo colpo), questi film fanno propria la dura morale euclidea
del western: la distanza più breve fra due punti è la linea retta di
una pallottola.
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