sabato 18 gennaio 2025

Emilia Pérez

Jacques Audiard

Non c’è ragione nell’opera”: ruberemo questa battuta alla Callas di Maria di Pablo Larraín qualora ci appaia implausibile il bel film di Jacques Audiard Emilia Pérez. Implausibile lo è, certo; era nato proprio come libretto d’opera in un vecchio progetto del regista. Narrato con energia quasi febbrile (non per nulla Audiard è l’autore de I fratelli Sisters), è un audace mix musical-mélo-gangsteristico, ove spesso i personaggi si esprimono cantando con contorno di coreografie. O meglio, il loro è per lo più un cantato-parlato, un “recitar cantando”; chi scrive avrebbe preferito canzoni da musical in senso stretto ma questa è un’’opinione del tutto minoritaria.
Siamo in Messico; un’avvocata infelice perché sfruttata sul lavoro dal suo capo, Rita (Zoe Saldana), riceve – in un modo inquietante che tocca il rapimento – un’offerta dal più temuto boss del narcotraffico: il ricchissimo e sanguinario Manitas intende non solo scomparire ma diventare donna, come ha sempre desiderato. Molto ben pagata, Rita lo aiuta in questa trasformazione. Abbandonati all’estero la moglie Jessi (Selena Gomez) e i due figli bambini, Manitas finge la propria morte e diventa Emilia Pérez. Nella doppia parte troviamo la brava attrice transgender Karla Maria Gascón, già attiva in passato n
elle telenovelas messicane (una delle fonti di questo film).
Passano quattro anni. Struggendosi per la mancanza dei figli, Emilia torna in Messico. Sempre con l’aiuto di Rita, fonda con Rita una ONG per ritrovare i corpi dei desaparecidos vittime dei cartelli della droga messicani e restituirli ai parenti; che i cartelli criminali non si intromettano, e che il governo messicano non scopra nulla su questa donna misteriosa, rimane il punto veramente implausibile del film; ma tutto si perdona al film grazie al suo impeto (vedi sopra). In quest’attività benefica Emilia troverà anche l’amore di Epifania (Adriana Paz). Ma per prima cosa, fa ritornare nel paese Jessi e i bambini, spacciandosi per una cugina di Manitas, e li porta ad abitare presso l
a “zia Emilia”.
Com’è naturale questa finisce per essere una prigione dalle sbarre dorate, con la “zia” che non nasconde un atteggiamento da genitore verso i bambini. Il rapporto tragicamente complicato tra Emilia e Jessi, in un perverso gioco di identità, muove la seconda parte, la migliore, del film. Costretta a fingere che la cosa non la riguardi direttamente, Emilia getta lo sguardo sul rapporto di se stesso come marito con Jessi, che aveva un amante e ora lo ha ritrovato. Davanti all’ipotesi che Jessi lo sposi e se ne vada portando con sé i bambini, sotto Emilia Pérez rispunta la ferocia del vecchio Manitas
.
Apertosi sul peccato di Rita, che nel suo mestiere di avvocato ha fatto assolvere un uxoricida, e implicitamente sui tanti peccati del boss Manitas, Emilia Pérez è un problematico film sulla redenzione. Giacché in relazione al film è stato (troppo) citato Almodóvar, non quello asciutto de La stanza accanto ma quello rutilante degli anni passati, vogliamo ripescare un suo titolo singolarmente adatto: La pelle che abito. C’è ancora Manitas dentro la piel que habita; la transizione di genere non basta a a cambiare l’anima, e a cancellare il peccato. Lo capisce, unico fra i personaggi, il chirurgo ebreo Wassermann (Mark Ivanir), voce ammonitrice. L
antico concetto del cambio di identità come passaporto per una nuova vita è reso più radicale dal cambio di sesso ma resta soggetto alla lezione del cinema noir e dei grandi melodrammi d’antan: non si sfugge al passato.
La redenzione verrà, ma per un’altra, aspra strada. Il potente climax del film, più che Almodóvar, fa venire in mente quel grandissimo regista messicano, ancora troppo poco conosciuto in Italia, che è Arturo Ripstein. La processione finale, con la statua di Emilia portata in processione e un inno dolente cantato da Epifania, è un alto momento musicale e melodrammatico che effettivamente fa venire le lacrime agli occhi. Da criminale a santa (o divinità pagana, che è lo stesso), la redenzione avviene attraverso l’ignoranza dei fatti (Epifania come tutti ignora la verità di Emilia e il suo canto parla anche del suo “mistero”) – ma è redenzione. 

Nessun commento: