domenica 15 dicembre 2024

Piccole cose come queste

Tim Mielants

A un certo punto di Piccole cose come queste un bambino povero, disperato perché non ha ricevuto il regalo di Natale che desiderava, sfonda con un pugno la crosta di ghiaccio in un secchio immergendo la mano nell’acqua gelata. Una sensazione simile la provoca il film di Tim Mielants sui soprusi delle suore irlandesi (non diciamo nell’Ottocento ma nel secolo scorso) nelle case-convento per ragazze orfane o “immorali”, le case Magdalene. Gli amanti del cinema ricorderanno un film di Peter Mullan del 2002 con quel titolo.
1985: il carbonaio Bill, che soffre per antiche ferite interiori, incontra nel convento del suo villaggio una ragazza incinta sottoposta a crudeli maltrattamenti, chiusa di notte nella legnaia gelida. Lei si chiama Sarah come la madre di Bill, una ragazza madre salvatasi da un nero destino grazie a una ricca benefattrice. Nella coscienza di Bill si scontrano da un lato l’omertà del paese (dove le suore sono una potenza), approvata da sua moglie, dall’altro la compassione e l’onestà. Non a caso, l’atto di lavarsi le mani sporche – giustificato dal racconto perché Bill fa il carbonaio – ricorre più volte, con significato simbolico. La fotografia di Frank van den Eeden che tiene il primo piano a fuoco e il resto fuori fuoco, come nei vecchi film, serve all’atmosfera di claustrofobia (non fisica ma morale).
Il film si impernia su due notevoli interpretazioni. Quella molto sfumata di Cillian Murphy (Bill) rende bene l’autentica paura che lui prova in presenza della madre superiora suor Mary. Dal canto suo Emily Watson crea con suor Mary un memorabile ritratto di perfidia nascosta. La scena in cui, a colloquio con Bill, fa un discorso di ipocrita bontà e di larvata minaccia, concluso con una bustarella travestita da regalo di Natale, è la scena madre del film.


(
Messaggero Veneto)

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