domenica 6 ottobre 2024

Vittoria

Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman

Il cinema di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (Butterfly, Californie) cammina su una lama di coltello, si basa sul discrimine impalpabile fra documentario e fiction; i personaggi ripropongono nel racconto se stessi e la loro vita. Vittoria, parlato in napoletano con sottotitoli italiani, ritorna a Torre Annunziata; ora Jasmine, già apparsa in Californie, è sulla quarantina, sposata con tre figli, di cui uno già grande. Lei ha un sogno ricorrente: il padre morto (la storia tocca lateralmente l’ILVA e l'amianto) le consegna una bambina; e una figlia femmina è il suo desiderio di sempre. Jasmine, che ha avuto tre parti cesarei, non vuole un’altra gravidanza; decide di adottare una bambina in Bielorussia. Questo causa un litigio immediato e poi un tiramolla di frizioni col marito Rino. In alcuni momenti sembra che Jasmine si comprenda meglio col figlio maggiore Vincenzo; ma il rapporto è forte con l’intera famiglia (“Voi siete la vita mia”).
Marilena “Jasmine” Amato “recita” se stessa come gli altri, ripercorrendo – liberamente ispirato”, dice una didascalia – il racconto vero della sua adozione nel 2016; e i suoi primissimi piani ricevono un'indubitabile potenza dalla particolare natura del film. Jasmine è incrollabile («‘na capa tosta» come suo padre, sentiamo nel film). I problemi familiari, la macchina burocratica, i costi spropositati necessari per adottare, niente la ferma. Il montaggio di Alessandro Cassigoli è legato ai sentimenti, tanto elegante quanto significativo.
Una bella ellissi, non l’unica del film, ci porta alfine da Torre Annunziata in Bielorussia, dove Jasmine e Rino incontrano la piccola Vittoria; ed è una splendida scena dove l'enunciazione visiva della bambina è ritardata (prima un dettaglio, il braccio, poi la piccola è tenuta fuori fuoco) fino al “Le posso andare vicino?” di Jasmine. Ma i problemi non sono finiti. Vittoria, che non reagisce nel primo incontro, ha un disturbo cognitivo, non si sa quanto grave. La crisi, anche personale di Jasmine, raggiunge il suo apice in una tesa sequenza in cui la bambina dovrebbe disegnare un cerchio (è un test per capire la gravità del disturbo) e non vuole. La scandiscono in modo drammatico le frasi in bielorusso non tradotte (fra cui si capisce davaj, “avanti!”). E questo dramma è risolto, imprevedibilmente, dal marito, con un autentico coup de théâtre, però radicato nella realtà, che realizza un alto momento commovente. Nella scena seguente coi palloncini per la prima volta vediamo la bambina ridere. La serie di foto con didascalie che appare alla fine (ove, naturalmente, la bambina è un’altra: quella vera)
ci conferma che il titolo Vittoria ha un doppio significato.

Nessun commento: