lunedì 28 ottobre 2024

The Dead Don't Hurt - I morti non soffrono

Viggo Mortensen

Qual è il tema fondamentale del western? La giustizia, materializzata nella pistola appesa al fianco (cioè la possibilità di uccidere istantaneamente), che o crea il torto o afferma il diritto. Non c’è giustizia invece nel buon western The Dead Don’t Hurt – I morti non soffrono, che Viggo Mortensen ha scritto, diretto, musicato, nonché interpretato con Vicky Krieps. Olsen e Vivienne si trasferiscono nel Nevada per lavorare onestamente. Ma in paese spadroneggia il potente Jeffries e suo figlio Weston (Solly McLeod), uno psicopatico che da lui protetto, terrorizza tutti. Quando Olsen si arruola nella guerra di secessione, Weston prende a perseguitare Vivienne… Inutile svelare il seguito, anche se il racconto è anacronico, va avanti e indietro, e parte – non senza potenza – dalla morte di lei.
Lo hanno già scritto tutti: questo è un western “al femminile” (non un'assoluta novità come pure è stato detto), centrato sulla figura di Vivienne. Interessante la sua definizione a partire da un'infanzia nel Québec modellata dalle storie su Giovanna d'Arco (però sono una pessima idea le inquadrature immaginarie del cavaliere medievale nel bosco, girate in modo realistico). Tutti i western implicano due modelli narrativi, diciamo l'Eneide e le Georgiche, quello guerriero (il viaggio, la vendetta, la conquista) e quello quotidiano e agreste (la colonizzazione) – di cui il secondo è generalmente subordinato al primo. Vale anche per il presente film; ma alcuni dettagli rendono in modo assai efficace l'aspetto quotidiano, come gli alberi trapiantati e i fiori attorno alla capanna. E la cura del bambino naturalmente. Con una buona messa in scena, interpretazioni convinte, e una bella fotografia di Marcel Zyskin, il pessimistico The Dead Don’t Hurt si inserisce dignitosamente fra i western “revisionisti”. Il modello non è Clint Eastwood come qualcuno ha detto ma I cancelli del cielo di Michael Cimino (anche se ovviamente il film non si avvicina a quel capolavoro).
Sul piano della verosimiglianza psicologica ci sarebbe molto da dire, prima su Vivienne che – con motivazioni “femministe” assai novecentesche – cerca lavoro al saloon e poi su Olsen che follemente la lascia sola per andar soldato, il tutto in un film dove Solly McLeod praticamente va in giro con una scritta al neon sopra la testa che dice “Sono la carogna potentissima del paese”. Era psicologicamente più fondato un altro simil-western con un villain psicopatico, uscito l'anno scorso, La terra promessa di Nikolaj Arcel, con Mads Mikkelsen.
La seconda parte, interlineata alla prima sul piano narrativo, segue Olsen e il bambino in viaggio dopo la morte di Vivienne. Resta nella memoria, in questa parte, una bella scena in cui padre e figlio bivaccando sentono ululare un lupo e per gioco si mettono a ululare insieme.
La giustizia, come dicevamo, non sta di casa in questo film dove spadroneggiano il boss spietato, il sindaco corrotto e l'assassino in libertà. John Wayne avrebbe fatto piazza pulita e avrebbe vinto; Clint Eastwood avrebbe fatto piazza pulita e si sarebbe fatto ammazzare; comunque tutti i malvagi avrebbero morso ila polvere. Invece Olsen, lungo il film, rappresenta la figura dell'“uomo che se ne va” (e meno male che Weston lo segue per ammazzarlo, altrimenti se la sarebbe cavata pure lui).
È chiaro che in un western questo lascia l’amaro in bocca… ma saremo gli ultimi a dire che non sia realistico.

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