domenica 24 settembre 2023

Assassinio a Venezia

Kenneth Branagh

Così mediocre era Assassinio sul Nilo, il precedente Poirot di Kenneth Branagh, che vien naturale trovare migliore il nuovo episodio. Peraltro è vero: Assassinio a Venezia è un po’ meccanico ma piacevole, atmosferico e abbastanza divertente. Svolgendosi in un palazzo di Venezia che tutti ritengono infestato da spiriti vendicativi, gioca amabilmente con l’horror delle case infestate: un caposaldo, se non del grande schermo, delle serie televisive. Ottimo il lavoro sulla scenografia (se no, che horror sarebbe?). Senza rivelare nulla dello svolgimento, diremo solo che il film si mantiene sul filo di una soddisfacente ambiguità con una soluzione ingegnosa che salva la capra del realismo giallo e i cavoli del fantastico spettrale. La regia enfatica di Branagh, che ricorda gli horror degli anni Venti e Trenta, riempie il film di grandangoli e di inquadrature sghembe, e cupi primissimi piani carichi di angoscia ricorrono nel montaggio effettistico di Lucy Donaldson.
Il film è tratto (in realtà solo nominalmente) dal romanzo di Agatha Christie Poirot e la strage degli innocenti, in originale Halloween Party; anche se il film s’intitola A Haunting in Venice, probabilmente viene di il pesante anacronismo di una festa di Halloween per gli orfani, sotto la sorveglianza delle suore poi!, nella Venezia del 1947.
Fortunatamente Kenneth Branagh qui rinuncia al revisionismo sfacciato con cui ha trattato Poirot nel precedente episodio. Il Poirot di Assassinio a Venezia è stanco e amareggiato ma ciò non va contro il personaggio – al quale manca anche quella vigoria fisica che caratterizzava Assassinio sull’Orient Express. Branagh incarna un Poirot depresso per l’orrore del mondo e, cosa interessante (di cui lui viene accusato nel dialogo), per quella bizzarra caratteristica dei detective dilettanti di essere araldi della morte: dovunque vadano, avviene un delitto.
Fra gli altri interpreti, di livello vario, rivediamo con piacere Michelle Yeoh in veste di medium (visivamente efficace la sua prima apparizione in maschera). Il genietto occhialuto che legge Poe è Jude Hill, il bambino di Belfast. Un po’ maligno ma inevitabile osservare che l’unico attore il cui nome precede Branagh sui manifesti, Kyle Allen, interpreta senza verve un personaggio senza nerbo.
E se l’exploit conclusivo di Poirot ha un sapore più di intuizione che di deduzione, che importa? Dame Agatha Christie, che era una
deliziosa vecchietta imbrogliona, sulla sua nuvoletta sarà l’ultima a dolersene.

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