Fredo Valla
Tre
ore e venti minuti sono una durata consistente per un film – ma
passano in un attimo col bellissimo documentario di Fredo Valla
(regia e sceneggiatura) Bogre
- La grande eresia europea.
Come
Lav Diaz, Fredo Valla dice che “un film dura quanto deve durare”.
Bogre
è un grande ritratto stratificato, dove il regista viaggia tra
Bulgaria, Occitania, Italia e Bosnia in una vasta rievocazione dei
Bogomili e dei Catari, e della loro persecuzione; fondamentalmente
Bogre (che è –
apprendiamo dal film – un termine derogatorio derivato da
“bulgaro”, usato in area occitanica) racconta la migrazione di
un'idea. Dalla Bulgaria dei Bogomili la “grande eresia” si spostò
alla Francia di lingua d'oc (Occitania) e di lì all'Italia del Nord
e alla Toscana.
Alla
base del pensiero dei
Bogomili e dei Catari
sta un dualismo di origine presumibilmente iranica, che contrappone
lo spirito alla materia: divino il primo, diabolica la seconda (si
può osservare per inciso che questa dicotomia lo accomuna alla
grande corrente dello gnosticismo tardo-greco, che si origina dalla
diffidenza del pensiero greco verso il mondo materiale, da Platone
fino a Plotino). Un'interessante intervista al teologo cattolico
Enrico Riparelli centra con precisione il punto nodale della
riflessione che angoscia qualsiasi religione monoteistica: unde
malum? Se Dio è perfetto, di
dove viene il male? I Catari rispondevano con un dualismo più o meno
radicale a seconda delle loro chiese. Ma quanto il concetto di una
Creazione in sé cattiva fosse scandaloso per i cattolici, lo mostra
bene una lettera di Ildegarda di Bingen che sentiamo leggere a un
certo punto del film.
Bogre
può essere considerato un documentario storico, e per parlarne
conviene dire prima ciò che non è: non è una esposizione didattica
che scorre su una collezione di immagini di affreschi, con voce
narrante e musica più o meno classica. In Bogre
l'argomento del film coincide con la sua realizzazione. Valla si
filma mentre viaggia e filma; il dispositivo viene esibito, il
regista viene enunciato apertamente come mediatore del discorso.
Questo dà all'esposizione un carattere di testimonianza.
E'
dunque anche un film di viaggio, che parte dalla Bulgaria e si sposta
nella Francia del Sud, l'antica Linguadoca, roccaforte del catarismo
poi distrutta dalla “Crociata degli Albigesi”. Dalla Francia il
film si sposta in Italia, con un raccordo spiazzante: Valla guarda
dalla finestra di un castello in Occitania e al posto dell'atteso
controcampo (quindi mantenendone il valore di legame, e quindi
facendoci sobbalzare) vediamo le gondole di Venezia. Di qui il film
va a esplorare la diffusione della chiesa Catara nell'antica
Lombardia, termine che indicava tutta l'Italia del Nord (da
“longobardo”), e in Toscana. Nota bene, un punto fermo nella
ricostruzione storica del film è che quella dei Catari era
un'autentica Chiesa organizzata, con una gerarchia (i vescovi), con
una produzione intellettuale e con viaggi e contatti anche
transnazionali. Niente lo dimostra meglio del fatto che nel 1167 fu
addirittura organizzato un concilio cataro a Saint Felix-Lauragais,
con delegati delle varie chiese locali, sotto la presidenza del pope
bulgaro Nikita.
Parlare dei Catari vuol
dire anche parlare della loro persecuzione, che non fu solo la
cattura e la messa al rogo degli eretici e dei loro scritti. Il film
illustra con ampiezza la distruzione di un'intera civiltà al suo
culmine, quella della raffinata Linguadoca dei trobadours,
nella crociata bandita da Innocenzo III nel 1209. Per estensione,
vuol dire parlare dell'intolleranza in genere. Le foto novecentesche
degli ebrei con la stella gialla (che poi è l'applicazione “laica”
di un segno d'infamia di origine inquisitoria) ritornano nel film.
Il lungo viaggio di
Fredo Valla si conclude in Bosnia – un nome che evoca
immediatamente guerre di religione e massacri non di ieri ma
dell'oggi; e infatti un frammento impressionante che vediamo nel
documentario mostra l'incendio della biblioteca di Sarajevo. Si sa,
la guerra di religione si intreccia sempre con la lotta politica. Per
esempio, puntualizza il film, nella Bosnia medievale lo scontro
teologico fu anche una lotta per decidere – diremmo oggi – la
sfera d'influenza in cui doveva rientrare la chiesa
bosniaca fra Oriente e Occidente.
La storia e l'urgenza:
sul piano fisico la materia principale di Bogre non è la
carta ma la pietra: le pietre dei castelli diroccati, quella delle
antiche tombe, quella degli scalini faticosi trasmettono una
sensazione del passare del tempo che dialoga col carattere vivo,
bruciante, dell'attualità (per questo salta fuori il ritratto
ammonitore di Simone Weil).
Bogre si
articola su diverse forme espressive, di cui le quattro principali
sono: la ripresa tradizionale, rinforzata dall'enunciazione del
regista e del dispositivo (camere e microfoni); la classica
intervista con didascalia di presentazione del parlante; gli
interventi recitativo del cantautore e attore Giovanni Lindo Ferretti
e dell'attore francese Olivier de Robert, su cui torneremo; l'impiego
di alcune statuette (vagamente simili ai Cardinali di Giacomo Manzù)
che servono in vari punti a illustrare la narrazione in modo astratto
e simbolico: per esempio basta disporle accanto a rametti infuocati
per evocare il rogo. E' l'abile intrecciarsi di queste quattro
dimensioni, orchestrate secondo una logica quasi musicale, a rendere
vivo e agile il discorso.
Qui
s'impone una digressione su Olivier de Robert. Mentre Giovanni Lindo
Ferretti, col suo viso scavato, recita (assai bene) dei testi
storici, questo magnifico attore francese, di grande espressività e
con un gran dominio della voce, inquadrato in modo fisso, porta a un
testo più espositivo una stupefacente naturalezza. Basta vedere il
suo lungo monologo iniziale su cosa significasse trovarsi in mano
all'Inquisizione. De Robert ricrea il suo testo come parlato,
con variazioni mimiche e vocali, ammiccamenti, brevi formule
pleonastiche proprie della dimensione orale (tanto che spesso non
vengono neppure tradotte in didascalia), nel suo accento “largo”
della Francia del Sud. Se esistesse ancora il “cinema marsigliese”
alla Marcel Pagnol quest'attore potrebbe esserne una star.
In
conclusione merita segnalare che il montaggio è firmato da Beppe
Leonetti, la fotografia da Elia Lombardo, Andrea Fantino (anche
suono), Massimiliano Nicotra e Gerardo Fornari, mentre le musiche
originali sono di Walter Porro.
Considerato
il fascino dell'argomento, potrà forse interessare qualche nota
etimologica. Come avviene sempre nelle persecuzioni, la Chiesa
cattolica non si è limitata a bruciare i Catari ma ha costruito su
di loro una “leggenda nera” che si rispecchia nel lessico. Dal
film di Valla abbiamo appreso che bogre
in area occitana significa persona malfidata. Ora, in francese bougre
contiene anche una connotazione di sodomia passiva (anche in forma
femminile: bougresse)
– cfr. il nome Bougrelao inventato burlescamente da Jarry nell'Ubu
Roi.
Ma anche il nostro “buggerare” viene da “bulgaro”: come molti
verbi relativi all'imbroglio (compreso “fregare”) si usa oggi nel
suo senso metaforico ma quello d'origine è sessuale. Nota che
l'allusione all'omosessualità è un topos in questi casi: la
ritroviamo anche con i Templari, un caso da manuale di “eresia”
costruita e sovrimposta dai persecutori.
Va
poi detto che Cataro deriva dal greco katharos (puro), ma
l'etimologia popolare lo connetteva a catus, gatto, e di qui
la fantasia dei Catari che adoravano i gatti (animali diabolici) o
addirittura li baciavano sotto la coda – cosa interessante perché
c'è un'anticipazione dell'osculum infame, il bacio all'ano
del diavolo che verrà attribuito più tardi a streghe e stregoni
(bene l'illustra una incisione assai nota del Compendium
Maleficarum di Francesco Maria Guaccio).
Invero
le guerre, di religione e non, si combattono anche sul campo del
linguaggio.
3 commenti:
Nel mio film storico che uscirà nel 2022..tratto l'argomento "catari" e dovrei aver preso in pieno quello sottolineato
Signor Giorgio Placereani, mi meraviglo come, l'uomo colto come Lei può commentare errori (o apposta) interpretando i nomi di "bulgari" e "Catari". Strano perché per i "bogomili" niente.
Anche se interpretazioni da parte sua è soltanto una ipotesi porta lo stesso alla luce una religione da ridere e di continuo negata e tanto meno odiata.
Bogre in bulg (Богре)/(Бог_ре)
Бог in It (Dio)
_ре in It (sigla _re/Dio Sole)
Bulgari in antichità gli chiamavano
"Bogari/е" in bulg (Богари/е)
"Bog_ari/e" il significato italiano:
-Il popolo di Dio di Dio Sole.
Aspetto con ansia di vedere il film "Bogre" di Fredo Valla.
Grazie
Gent. Anonimo, può essere che io mi sia spiegato male, come può essere che Lei non abbia letto con attenzione. Quale che sia in origine l'etimologia di "bulgaro", tuttavia è vero che "bogre" (dal film di Fredo Valla) e "bougre" derivano da questa parola con intento derogatorio, e questo è legato all'odio contro le eresie (e alla cattiva informazione). Lo stesso per la paretimologia (etimologia popolare) di Catari da catus. Come ha scritto anche Lei, non discuto questi errori, li riferisco.
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