Yokohama Satoko
Il
bellissimo film giapponese Ito
di Yokohama Satoko è un intenso e originale ritratto di adolescenza,
ambientato nella prefettura di Aomori sull'isola di Honshu. Il ritmo
è volutamente calmo (non sarebbe giusto dire lento, perché si sente
un'intensità sotterranea), in modo da creare una connessione
empatica più che una semplice immedesimazione narrativa. Ito è una
ragazza sedicenne orfana di madre, che vive con la nonna e un padre
intellettuale distratto (strepitosa l'interpretazione di Komai Ren,
fin dalla postura che rende appieno la goffaggine filiforme
dell'adolescente); ha difficoltà a parlare e si esprime con la
musica: come la nonna e la madre morta, è una suonatrice di
shamisen,
anche se di recente lo trascura. Chiaro che nel suo silenzio ci sono
problemi inespressi e irrisolti. Trova lavoro part time in un caffè
della città di Aomori: per la precisione un
“maid café” dove
le ragazze sono in divisa da ragazzina e bamboleggiano (castamente)
coi clienti. Qui la ragazza timida e silenziosa comincia a uscire dal
suo guscio; e tutto questo processo è reso con bella sottigliezza
psicologica e umanità. Poi cominciano i guai per il locale, ma non è
difficile indovinare che lo shamisen
verrà in soccorso.
Quel
che sta al centro del film ovviamente non sono le vicissitudini del
bar: è un percorso di crescita che si esprime in un grande finale
con un tocco simbolico. Questo si prende il suo tempo: segue da
vicino la protagonista nei suoi silenzi e nei suoi smarrimenti
(grande per realistica concretezza la scena in cui deve andare al
caffè la prima volta e non trova la strada); guarda attentamente le
procedure, che si tratti di un artigiano che ripara uno shamisen
o di un barista che insegna a Ito a fare il caffè; e mostra uno
sguardo attento su tutti i particolari umani (penso al personale del
caffè ma anche ai clienti, fra cui spiccano in particolare due
gemelle dentone non più giovanissime). Un film umanista, che può
conquistare gli spettatori.
Nessun commento:
Posta un commento