J.K. Rowling
Sangue
inquieto (Salani), il nuovo episodio dei gialli
dell'investigatore zoppo Cormoran Strike e della sua partner Robin
Ellacott scritti di J.K. Rowling sotto lo pseudonimo Robert
Galbraith, è un romanzo di un migliaio di pagine, sinuoso e
labirintico. Non per nulla le epigrafi di ogni capitolo sono tratte
da quel complesso e simbolico poema eroico elisabettiano (influenzato
dall'Ariosto) che è il Faerie Queene di Spenser.
Presenza
del dolore nell'opera di J.K. Rowling! Anche nei primi romanzi di
Harry Potter c'è un dolore vivo sotto lo humour e la consolazione
dell'orfano, un dolore che si stende sulla saga mentre diviene sempre
più cupa. Ancora il dolore trionfa nel durissimo e feroce Il
seggio vacante. E, ça va sans dire, i gialli hanno
“istituzionalmente” il dolore in primo piano; vero è che molti
autori non ci si soffermano sopra; la Rowling lo fa in modo
splendido. Questo vale ancor più se esso dura da decenni come in
Sangue inquieto, dove è da risolvere un cold case, la
scomparsa di una donna nel 1974.
Una
domanda legittima: chi non conosca questa serie deve partire dal
primo (Il richiamo del cuculo) o può farlo con questo?
Materialmente si può leggere per primo questo, Rowling è brava a
tenere informato il nuovo lettore, senza pedanteria, sulla storia
precedente. Certo, partendo dall'ultimo si perde quel lento
costruirsi, non ancora concluso, del rapporto fra i due protagonisti
– che è altrettanto emozionante che i “casi” (lo sapeva bene
Hitchcock, che nell'amore c'è altrettanta suspense che nel crimine).
Il che ci conferma che il vero protagonista delle opere di J.K.
Rowling è il Tempo.
Nessun commento:
Posta un commento