Paul Greengrass
Si
trovano spesso nei film delle immagini-citazione che servono da
quadro di riferimento. A un certo punto del bel western di Paul
Greengrass News of the World
(Notizie dal mondo)
vediamo attraverso una finestra una scena inquadrata dall'interno di
una baracca, ove la finestra ritaglia un quadrato nel nero della
parete; scatta subito un relè nella memoria: Sentieri
selvaggi. Il film della perdita,
della ricerca e del ritorno, incentrato sull'abisso oscuro e
bruciante del rapporto tra il bianco e l'indiana: la nipote di Ethan
(John Wayne) rapita dagli indiani e cresciuta come una di loro; lui
dopo averla cercata per anni sta per ucciderla prima di fermarsi e
prenderla fra le braccia: “Torniamo a casa”.
In
News of the World,
dopo la fine della Guerra Civile l'ex capitano confederato Jefferson
Kyle Kidd (Tom Hanks) gira per il paese vivacchiando cogli scarsi
proventi di letture pubbliche in cui racconta le notizie dei
giornali a un pubblico analfabeta. Per puro caso, si ritrova col
fardello di una ragazzina, Johanna (Helena Zengel), che i Kiowa
avevano rapito da piccola sei anni prima, dopo aver massacrato la sua
famiglia. Poi a loro volta i genitori adottivi Kiowa di Johanna sono
stati massacrati dai soldati blu. Ora Kidd deve scegliere fra
abbandonare la ragazzina per strada o riportarla a casa dei suoi
unici parenti rimasti; così lui, che nella sua stanca malinconia
vuol essere un uomo decente (un valore che torna spesso nella
carriera attoriale di Tom Hanks), parte con lei.
Nel lungo viaggio del
film (tratto dal romanzo omonimo di Paulette Jiles; e si vede in
alcuni passaggi una certa fatica nel concentrare in due ore
l'abbondanza della materia) si crea un reciproco riconoscimento. Il
rapporto fra Kidd e Johanna è abilmente trattato. L'elemento più
vivace è la descrizione della bambina (stupefacente
l'interpretazione della giovane Helena Zengel), indiana per cultura
se non per nascita, sballottata in un mondo bianco che non è suo:
all'inizio grida drammaticamente ai Kiowa al di là del fiume di
prenderla con loro: “Io sono Cicala – la figlia di Trasforma
Acqua e Tre Macchie – Non mi lasciate”. Ma non sarà così; e più
tardi nel film gli indiani compaiono come tristi fantasmi durante una
tempesta di sabbia, le lasciano un cavallo, ma lei e il capitano da
un lato, i Kiowa dall'altro, si avviano in direzioni opposte, in un
movimento che naturalmente ha significati simbolici più profondi.
Il
riconoscimento tra i due nasce dapprima sul filo della necessità: in
uno scontro a fuoco. Bellissimo il canto indiano di guerra della
bambina mentre, dopo la sparatoria, decora il cavallo con impronte di
mani: “Il capitano ha fatto una cosa meravigliosa / Tre mani... tre
nemici morti / Il suo fulmine ci ha portati alla vittoria”... Nota
che il nome indiano della bambina, Cicala, suggerisce che le piace
cantare, e lo fa spesso nel film; il riferimento al canto connette il
personaggio con una capacità affabulatoria – per cui si collega
bene al finale, in cui Johanna partecipa a spettacolarizzare con un
effetto sonoro le letture del capitano.
Una scena distesa che
mostra l'insegnamento reciproco di parole inglesi e Kiowa fra i due
offre al film l'occasione di allargarsi in modo intelligente alla
grande differenza culturale tra i due mondi, con la contrapposizione
fra il cerchio, che per i Kiowa indica il tutto, e la linea dritta
della cultura dei bianchi (“Ariamo e piantiamo tutto in linea
retta”).
News
of the World è la storia di due
sradicati: Kidd ha perso la moglie durante la Guerra Civile, e la
vede come una punizione per quello che ha visto e fatto in guerra;
Johanna ha avuto la doppia sventura di perdere due coppie di genitori
in due massacri contrapposti. All'inizio dice al capitano (tramite
una interprete) “Io non ho una casa – i soldati l'hanno bruciata
quando mi hanno catturato”, e che la sua famiglia è morta; più
tardi il cammino porta i due alla baracca abbandonata dove viveva la
sua famiglia originaria, e dove lei trova un'antica bambola. Non a
caso l'inquadratura citata che ricorda Sentieri selvaggi
compare qui. Ora, nel capolavoro
fordiano la casa a cui tornare in un finale elegiaco e malinconico è
una realtà familiare sognata; è l'incarnazione di una civilization
radicata nella terra, che trasforma un Paese – ma già la casa non
è più casa per Ethan, il quale alla fine del film si allontana nel
deserto. Tanto più nell'America lacerata e confusa di oggi, dove la
fiducia storica in quella civilization
è quanto meno incrinata. “My mistake”,
dice Kidd nel finale, riprendendo la bambina alla fredda famiglia di
contadini cui l'aveva riportata: “Questa non è casa sua”. E'
ovvio che questi due personaggi potranno trovare una casa solo l'uno
nell'altro: una casa non legata a un luogo (l'arare in linea retta,
potremmo dire) ma a un nomadismo che si nutre del fascino della carta
stampata, e una famiglia come libera elezione di due naufraghi.
“Captain and Johanna
go”, dice lei nel
suo inglese spezzato.
Il
racconto si iscrive in un quadro vivo del Texas dopo la guerra
civile, con l'ostilità verso i soldati unionisti visti come truppe
di occupazione, gli insulti al presidente Grant, il banditismo
diffuso, i casi di “signori della guerra” razzisti che si
ritagliano feudi locali. La messa in scena riporta il realismo del
western contemporaneo: vedi la sparatoria in montagna (lontana
reminiscenza manniana), dove le pistole mancano spesso il bersaglio e
un fucile caricato (in mancanza di meglio) a monetine è l'arma
miglior per spazzar via un nemico. A questo realismo appartiene
l'ottima fotografia di Dariusz Wolski con il suo eccellente uso del
buio. Gli esterni notturni e gli interni bui e fumosi si sono visti
in tanti film, ma in questo possiedono una particolare pregnanza
atmosfera.
E' interessante, anche
al di là dell'immediatezza del plot, il singolare mestiere di J.F.
Kidd. In un mondo largamente analfabeta l'invenzione è tutt'altro
che infondata, ma non avevamo visto finora la professione di lettore
pubblico nel protagonista di un western, e anche questo trasmette una
vibrazione di realtà. Ma c'è di più. Nell'adesione vibrante, le
risate felici e l'ingenuità spettatoriale con cui il pubblico
accoglie i racconti di Kidd, vediamo l'ombra della grande
affabulazione giornalistica americana – story è una parola
molto importante nel film – e sembra di vedere spuntare la figura
di Edgar Allan Poe, il vero incrocio tra il giornalismo e il racconto
di fiction. Ma allora non è un caso che proprio di un uomo caduto in
catalessi e sottoposto a “esequie premature” (una delle
ossessioni del grande narratore) parli l'ultima lettura che vediamo
nel film.
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