venerdì 26 febbraio 2021

Notizie dal mondo


Paul Greengrass

Si trovano spesso nei film delle immagini-citazione che servono da quadro di riferimento. A un certo punto del bel western di Paul Greengrass News of the World (Notizie dal mondo) vediamo attraverso una finestra una scena inquadrata dall'interno di una baracca, ove la finestra ritaglia un quadrato nel nero della parete; scatta subito un relè nella memoria: Sentieri selvaggi. Il film della perdita, della ricerca e del ritorno, incentrato sull'abisso oscuro e bruciante del rapporto tra il bianco e l'indiana: la nipote di Ethan (John Wayne) rapita dagli indiani e cresciuta come una di loro; lui dopo averla cercata per anni sta per ucciderla prima di fermarsi e prenderla fra le braccia: “Torniamo a casa”.
In News of the World, dopo la fine della Guerra Civile l'ex capitano confederato Jefferson Kyle Kidd (Tom Hanks) gira per il paese vivacchiando cogli scarsi proventi di letture pubbliche in cui racconta le notizie dei giornali a un pubblico analfabeta. Per puro caso, si ritrova col fardello di una ragazzina, Johanna (Helena Zengel), che i Kiowa avevano rapito da piccola sei anni prima, dopo aver massacrato la sua famiglia. Poi a loro volta i genitori adottivi Kiowa di Johanna sono stati massacrati dai soldati blu. Ora Kidd deve scegliere fra abbandonare la ragazzina per strada o riportarla a casa dei suoi unici parenti rimasti; così lui, che nella sua stanca malinconia vuol essere un uomo decente (un valore che torna spesso nella carriera attoriale di Tom Hanks), parte con lei.
Nel lungo viaggio del film (tratto dal romanzo omonimo di Paulette Jiles; e si vede in alcuni passaggi una certa fatica nel concentrare in due ore l'abbondanza della materia) si crea un reciproco riconoscimento. Il rapporto fra Kidd e Johanna è abilmente trattato. L'elemento più vivace è la descrizione della bambina (stupefacente l'interpretazione della giovane Helena Zengel), indiana per cultura se non per nascita, sballottata in un mondo bianco che non è suo: all'inizio grida drammaticamente ai Kiowa al di là del fiume di prenderla con loro: “Io sono Cicala – la figlia di Trasforma Acqua e Tre Macchie – Non mi lasciate”. Ma non sarà così; e più tardi nel film gli indiani compaiono come tristi fantasmi durante una tempesta di sabbia, le lasciano un cavallo, ma lei e il capitano da un lato, i Kiowa dall'altro, si avviano in direzioni opposte, in un movimento che naturalmente ha significati simbolici più profondi.
Il riconoscimento tra i due nasce dapprima sul filo della necessità: in uno scontro a fuoco. Bellissimo il canto indiano di guerra della bambina mentre, dopo la sparatoria, decora il cavallo con impronte di mani: “Il capitano ha fatto una cosa meravigliosa / Tre mani... tre nemici morti / Il suo fulmine ci ha portati alla vittoria”... Nota che il nome indiano della bambina, Cicala, suggerisce che le piace cantare, e lo fa spesso nel film; il riferimento al canto connette il personaggio con una capacità affabulatoria – per cui si collega bene al finale, in cui Johanna partecipa a spettacolarizzare con un effetto sonoro le letture del capitano.
Una scena distesa che mostra l'insegnamento reciproco di parole inglesi e Kiowa fra i due offre al film l'occasione di allargarsi in modo intelligente alla grande differenza culturale tra i due mondi, con la contrapposizione fra il cerchio, che per i Kiowa indica il tutto, e la linea dritta della cultura dei bianchi (“Ariamo e piantiamo tutto in linea retta”).
News of the World è la storia di due sradicati: Kidd ha perso la moglie durante la Guerra Civile, e la vede come una punizione per quello che ha visto e fatto in guerra; Johanna ha avuto la doppia sventura di perdere due coppie di genitori in due massacri contrapposti. All'inizio dice al capitano (tramite una interprete) “Io non ho una casa – i soldati l'hanno bruciata quando mi hanno catturato”, e che la sua famiglia è morta; più tardi il cammino porta i due alla baracca abbandonata dove viveva la sua famiglia originaria, e dove lei trova un'antica bambola. Non a caso l'inquadratura citata che ricorda Sentieri selvaggi compare qui. Ora, nel capolavoro fordiano la casa a cui tornare in un finale elegiaco e malinconico è una realtà familiare sognata; è l'incarnazione di una civilization radicata nella terra, che trasforma un Paese – ma già la casa non è più casa per Ethan, il quale alla fine del film si allontana nel deserto. Tanto più nell'America lacerata e confusa di oggi, dove la fiducia storica in quella civilization è quanto meno incrinata. “My mistake”, dice Kidd nel finale, riprendendo la bambina alla fredda famiglia di contadini cui l'aveva riportata: “Questa non è casa sua”. E' ovvio che questi due personaggi potranno trovare una casa solo l'uno nell'altro: una casa non legata a un luogo (l'arare in linea retta, potremmo dire) ma a un nomadismo che si nutre del fascino della carta stampata, e una famiglia come libera elezione di due naufraghi. “Captain and Johanna go”, dice lei nel suo inglese spezzato.
Il racconto si iscrive in un quadro vivo del Texas dopo la guerra civile, con l'ostilità verso i soldati unionisti visti come truppe di occupazione, gli insulti al presidente Grant, il banditismo diffuso, i casi di “signori della guerra” razzisti che si ritagliano feudi locali. La messa in scena riporta il realismo del western contemporaneo: vedi la sparatoria in montagna (lontana reminiscenza manniana), dove le pistole mancano spesso il bersaglio e un fucile caricato (in mancanza di meglio) a monetine è l'arma miglior per spazzar via un nemico. A questo realismo appartiene l'ottima fotografia di Dariusz Wolski con il suo eccellente uso del buio. Gli esterni notturni e gli interni bui e fumosi si sono visti in tanti film, ma in questo possiedono una particolare pregnanza atmosfera.
E' interessante, anche al di là dell'immediatezza del plot, il singolare mestiere di J.F. Kidd. In un mondo largamente analfabeta l'invenzione è tutt'altro che infondata, ma non avevamo visto finora la professione di lettore pubblico nel protagonista di un western, e anche questo trasmette una vibrazione di realtà. Ma c'è di più. Nell'adesione vibrante, le risate felici e l'ingenuità spettatoriale con cui il pubblico accoglie i racconti di Kidd, vediamo l'ombra della grande affabulazione giornalistica americana – story è una parola molto importante nel film – e sembra di vedere spuntare la figura di Edgar Allan Poe, il vero incrocio tra il giornalismo e il racconto di fiction. Ma allora non è un caso che proprio di un uomo caduto in catalessi e sottoposto a “esequie premature” (una delle ossessioni del grande narratore) parli l'ultima lettura che vediamo nel film.

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