sabato 6 marzo 2021

I Care a Lot

J Blakeson

L'impulso ad agitare bandierine plaudenti e lanciare in aria i popcorn quando entra in scena la mafia russa è un sentimento che non ci saremmo mai aspettati; ma succede con il modesto ma scorrevole semi-thriller I Care a Lot di J Blakeson. La spietata Marla (Rosamund Pike) ci avverte in un'interpellazione a inizio film che siamo tutti cattivi (a Parasite di Bong Joon-ho bastava una battuta o due, I Care a Lot ci mette un minuto di monologo pre-titoli). In effetti Marla e la sua amante Fran (Eiza Gonzalez), sua aiutante, sono una coppia di iene. Con l'aiuto di una dottoressa corrotta, un direttore di ospizio complice e un giudice scimunito, esagerando la diagnosi di demenza senile Marla fa chiudere in casa di riposo dei vecchi soli, e si fa nominare dal tribunale loro tutore legale; dopo di che lei e Fran si danno allegramente a saccheggiare le loro proprietà.
Inutile chiedersi se veramente l'ossessiva giuridicizzazione che investe gli Stati Uniti (e, come tendenza, tutta la società occidentale) arrivi a tanto; quel che importa è che così la mette il film. E' sotteso al film un intento satirico che produce alcune passabili frecciate, come quando un losco avvocato di parte avversa dice a Marla che la sua impresa è il perfetto esempio del sogno americano. Ma le due iene cascano sulla persona sbagliata quando fanno internare una facoltosa vecchietta (Dianne West) che sembra non avere parenti... preda perfetta... e invece non è affatto quello che sembra. Senza sorpresa, Dianne West è ottima: grande il suo colloquio con Marla (“Sono il peggior errore che tu abbia mai fatto”) quando le cose cominciano ad andar male.
La caratteristica principale del film è che la protagonista è così odiosa che non solo si impedisce qualsiasi ipotesi di empatia, ma anzi tutta la simpatia va al temibile gangster russo, il nano Ronan Lunyov – e i produttori vogliono che sia così, visto che hanno scelto per la parte un attore carismatico come Peter Dinklage, il Tyrion de Il Trono di Spade. Così, nella sequenza in cui i sicari di Lyunov cercano di uccidere Marla simulando un incidente d'auto, si crea la situazione paradossale per cui ti compiaci della professionalità dei killer e ti rattristi quando il piano non va a buon fine e Marla si salva nuotando fuori dall'auto piombata nel lago.
Ovviamente, quando conviene alla sceneggiatura questi mafiosi non sono né feroci né capaci la metà di quel che fanno finta di essere. Anche in questo senso, sarebbe stata opportuna per il film una maggiore torsione sulla black comedy. Più si va avanti, più I Care a Lot procede sulla strada dell'implausibilità. L'ostinazione di Marla è una sciocchezza solo finalizzata a mandare avanti il plot; ancor più improbabile la seconda parte, con Marla che diventa una specie di James Bond o Nikita amatoriale, in spiacevole contrasto con l'accuratezza con cui è dipinto il sistema legale della truffa in precedenza. D'altro canto il film mira ad essere un apologo di sapore swiftiano, come mostra il finale, e quindi ciò è più o meno funzionale. Nondimeno, J Blakeson non è Guy Ritchie; e I Care a Lot è troppo fragile per non crollare sotto il peso delle sue ponderose premesse.


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