Jason Flemyng
I vampiri
d'Inghilterra, nella loro riunione cinquantennale, sono irritati col
Consiglio (dei vampiri) d'Europa che impone le quote di vittime
concesse. Il più cattivo, Boniface, sbotta: “Fanculo il Consiglio.
Le possiamo stabilire noi le nostre quote”. E qui lo spettatore ha
un soprassalto divertito: non basta la Brexit, gli inglesi vogliono
la Vampexit.
Questo tocco satirico è
uno dei momenti felici della commedia horror Eat Local – A cena
coi vampiri di Jason Flemyng. Nota
che c'è una differenza in italiano rispetto al titolo originale: in
originale, a Eat Local
una manina malandrina ha
aggiunto una esse, per cui il titolo del film risulta Eat
Locals.
Si
chiama “Eat Local” la fattoria dove si sono riuniti gli
otto vampiri inglesi, facendo prigionieri i proprietari, i tutt'altro
che innocenti coniugi Thatcher (inutile dire che il nome fa parte
dell'apparato satirico del film, per cui Mrs. Thatcher è un
bersaglio predefinito). Attirato lì con la promessa di una notte di
sesso, il giovane mortale Sebastian è candidato a sua insaputa a
diventare l'ottavo vampiro del gruppo, al posto di un membro
giustiziato per aver infranto le regole. Siccome però manca
l'unanimità sulla proposta, i vampiri decidono invece di consumarlo
come cena. Ma sul più bello la fattoria viene attaccata da un gruppo
paramilitare di cacciatori di vampiri – e Sebastian si trova fra
due fuochi.
Eat Local non
mantiene tutto quello che promette ma è abbastanza piacevole,
sebbene si abbia l'impressione che ora il regista ora il protagonista
Billy Cook avrebbero potuto fare di più. Quale
commedia horror, sul piano commedia genere “vita da vampiri” non
è divertente come What
We Do in Shadows, sul
piano horror genere “soldati contro mostri” non è emozionante
come Dog Soldiers.
Ha qualcosa di frenato: eppure Jason Flemyng, attore nei primi
film dello scatenato Guy Ritchie, avrà certo avuto modo di
osservarlo e imparare. Forse Billy Crook non è abbastanza sfacciato
come comedian quanto sarebbe stato necessario (nel suo ruolo
ci voleva qualcosa come una versione giovane, ovviamente inglese, di
Eddie Murphy). Tuttavia il film si
lascia vedere volentieri, possiede una sorta di amabilità, e la
conclusione (niente spoiler!) è spiritosa, anche sul piano del
linguaggio. Gli effetti speciali sono buoni, e usati con lodevole
sobrietà.
In
fondo la cosa più divertente di tutte le storie di vampiri sono gli
squarci di “cultura vampirica” che esse ci fanno intravedere di
scorcio; per questi poveri vampiri inglesi l'epoca attuale segna un
periodo di decadenza (ne fanno fede i sorrisi ironici che accolgono
il discorso di Boniface: “Moccioso, io ho oltre duemila anni...”).
Certamente i vampiri assediati sono i personaggi più
interessanti – talché lo spettatore finisce per tenere per loro,
anche se sono più sanguinari degli (insopportabili) vampiri buonisti
e vegani di Twilight. E' un raduno di buoni attori che si
divertono nella parte, come Tony Curran, Freema Agyeman, Eve Myles,
Charlie Cox; nel gruppo spicca per
simpatia Annette Crosbie, attrice veterana dal ricco curriculum (che
comprende aver dato voce all'elfo Galadriel nel Signore
degli Anelli a cartoni
animati di Ralph Bakshi). Qui è una deliziosa vecchietta vampiro con
l'abitudine di sferruzzare, e con scarsa dimestichezza con la
tecnologia moderna (grande l'aria orgogliosa con cui dice “Io so
usare il videoregistratore”). Ma come mostra il film, chi si fida
dell'aria mite di una vecchietta rischia la pelle.
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