serie tv prodotta da Amr Salama
Di serie tv horror ce
ne sono tante, ma una integralmente egiziana è davvero una novità.
E' appena uscita su Netflix la prima stagione (sei episodi) di
Paranormal: prodotta e co-sceneggiata da Amr Salama, che ha
anche diretto alcuni episodi, la serie è tratta dai romanzi del
popolare scrittore egiziano Ahmed Khaled Tawfik (1962-2018).
Ambientata nei tardi
anni Sessanta, Paranormal ci fa conoscere l'ineffabile dottor
Refaat Ismail, che fin dall'aspetto fisico non è davvero Dylan Dog,
e che si confronta con un tutto un assortimento di creature
soprannaturali. Un aspetto notevole è che la serie si incentra su un
antieroe autentico, con alcuni tratti francamente detestabili.
Tuttavia lo spettatore arriva a un mix di comprensione e simpatia nei
suoi confronti. Non per nulla Refaat è interpretato (in modo del
tutto serio) da un bravo attore di commedia, Ahmed Amin.
Refaat è medico,
insegna all'università, e all'inizio mostra un atteggiamento
scientista spinto fino all'ottusità (dietro c'è anche un'esperienza
infantile che lui, tipicamente, vuole rimuovere). Nella puntata della
“naiade”, in particolare, il suo positivismo è così stupido che
vien da gridargli “Ci sei o ci fai?” Refaat è un depresso, un
punitore di se stesso, incapace di esprimere i propri sentimenti. Non
stupisce che la sua vita sentimentale sia un disastro: è diviso fra
due donne, la collega scozzese Maggie (interpretata dall'attrice
anglo-libanese Razane Jammal), che lui ama ma non riesce a
dirglielo, e la sfortunata fidanzata ufficiale Howaida (Aya Samaha) –
va detto che la maggior carica di simpatia dello spettatore va a
questa innamorata long-suffering, davvero cascata male.
Con acido umorismo, la
serie gioca molto sull'opposizione fra quello che Refaat dice e
quello che pensa, o vorrebbe dire – ma poi dice il contrario. La
sua “voce di pensiero” accompagna lo svolgimento, con aforismi
derogatori a mezza strada fra Woody Allen e il dottor House.
Pessimista radicale, Refaat cita nella prima puntata la legge di
Murphy – ed ha elaborato una divertente serie di “leggi di
Refaat” (ce ne sono cinquantacinque, ma non le sentiamo tutte). Il
guaio è che l'esperienza si incarica di mandare all'aria le sue
sicurezze, e le sue leggi finiscono per essere capovolte. L'ultima
puntata si chiude con le parole “Prima legge di Refaat modificata:
il soprannaturale esiste, eccome!”
Anche se in ogni
episodio c'è una specifica sfaccettatura del soprannaturale (il
primo e l'ultimo sono circolari), più che come una serie a episodi
con personaggi fissi Paranormal va considerato un racconto
unico a puntate. Vista l'importanza della famiglia di Refaat nel
racconto, possiamo dire che trasferisce sul piano del fantastico la
forma, molto amata anche nei paesi arabi, della telenovela familiare.
Vero è che, avendo visto tutti gli episodi, essere parente di Refaat
non ci pare consigliabile: a parte i suoi problemi caratteriali, la
morte è in agguato.
Se un punto di forza di
Paranormal è quello visuale, con una particolare cura
scenografica, va anche detto che la regia è sempre efficace, e le
interpretazioni di contorno sono competenti nel loro tono
popolaresco. L'efficace costruzione di una ghost story col
fantasma di una bambina, la piccola Shiraz, in una casa infestata,
nel primo episodio (con conclusione nell'ultimo) è una bella
apertura della serie; l'ossessiva ripetizione del grido dei bambini
che giocano a moscacieca, “Siete pronti?” – “Non ancora!”,
produce un tessuto sonoro inquietante che funziona assai bene. In
seguito Refaat, la sua amica Maggie e (volenti o nolenti) Howaida e i
familiari incontrano una successione di minacce occulte – dove non
manca neppure la classica maledizione del faraone, che è il maggior
contributo dell'Egitto all'horror internazionale. Si può segnalare
in particolare il pregevole quarto episodio, su una creatura
acquatica spettrale che Netflix traduce un po' liberamente come
“naiade”, teso e compatto, ben servito dalla location, un
labirinto di piante di granoturco altissime dove ci si aggira con la
lanterna nella notte.
Il sesto episodio
della prima stagione chiudeva un ciclo – legato al personaggio di
Shiraz – e contestualmente ne apriva un altro. Possiamo aspettare
con interesse la seconda stagione.
Messaggero Veneto
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