Cho Il-hyung
Si
sa che l'Asia è particolarmente attiva nell'attuale voga
internazionale dei rifacimenti locali di un film di successo (nella
ventina di remake di Perfetti sconosciuti
ce n'è uno indiano, uno coreano, uno vietnamita, uno cinese). Ma
resta rimarchevole che un film americano del 2020 goda di una
versione coreana lo stesso anno. L'americano è Alone
di Johnny Martin (si è potuto vedere online al Trieste
Science+Fiction Festival) e il suo rifacimento asiatico, dichiarato
fin dalla somiglianza dei titoli, è Alive
di Cho Il-hyung (visibile su Netflix). Alla base di entrambi c'è la
sceneggiatura del 2019 di Matt Naylor, sceneggiatore del film
americano e co-sceneggiatore con Cho del film asiatico.
Raccontando la storia
di come un giovane vive, isolato nel suo appartamento, un'esplosione
di epidemia che trasforma la gente in zombi e come si lega a una
ragazza sopravvissuta nell'appartamento dirimpetto, i due film hanno
un'identità di svolgimento che non si limita al plot e agli
incidenti principali, come in un comune remake, ma si spinge fino ai
particolari minori (dalla morte dei familiari sentita “in diretta”
in un messaggio vocale al cellulare allo zombi che si arrampica come
uno scalatore verso il balcone della ragazza). Ciò li rende di per
sé interessanti quale bizzarro esempio di gemelli cinematografici.
Ma è bene aggiungere che si tratta di due buoni film, anche se non
trascendentali.
Lo zombie movie
dal punto di vista di chi è prigioniero. Questo riesce naturale per
il genere, perché la paura degli zombi è la paura della folla. Al
contrario del vampiro classico, che viene dall'esterno e s'introduce
pian piano dentro la casa, avvelenandola, nel cinema degli zombi la
casa è la fortezza, il rifugio contro il mondo esterno. Siamo nel
campo della pura agorafobia. Gli zombi agiscono come una malefica
entità collettiva; un aspetto ben reso qui nel loro movimento
all'unisono quando sentono un rumore e si girano di scatto ruggendo.
Pertanto qualsiasi film di zombi è, in tutto o in parte, un racconto
di assedio; e questi due film (o doppio film?) portano in primo piano
proprio il tema della solitudine e dell'angoscia dell'assediato. Come
già scrivevo nella scheda di Alone, alla base di tutto c'è
naturalmente il grande romanzo di Richard Matheson Io sono
leggenda.
Per inciso, sarebbe
molto interessante (ma forse uscirebbe dalle coordinate del cinema di
genere) un film che sviluppasse esclusivamente quest'aspetto
dell'assedio per tutta la sua durata. Un horror Kammerspiel!
Invece è giocoforza sul piano dello spettacolo che a un certo punto
il protagonista dei due film si avventuri fuori, non fosse altro per
cercare da mangiare (per inciso, in Alive c'è anche un
omaggio alla Nutella).
La
differenza principale fra i due film sta negli di zombi messi in
scena. In entrambi questi non sono morti viventi ma persone vive
colpite da una specie di rabbia (nel film americano sono chiamati
screamers). Pur
condividendo la stessa natura, quelli di Alone
conservano maggiormente le tracce esteriori dell'umanità, e appaiono
come uomini e donne impazziti. Quelli di Alive
ripropongono la figura ormai classica dello zombie nel cinema
coreano, vivo o morto che sia: facce inumane stralunate e
insanguinate e ruggiti (come nell'eccellente serie tv Kingdom)
e quei movimenti convulsi (specie quando si trasformano) resi
popolari da Train to Busan.
Spettacolarmente efficaci, senza dubbio; memorabile lo zombi senza
occhi che vaga scompostamente per i corridoi. Il prezzo da pagare è
la rinuncia a un aspetto originale del film americano, il fatto che
gli screamers ripetano
ossessivamente le ultime parole che hanno detto o sentito prima di
degenerare.
E'
un vero piacere comparativo osservare le piccole differenze nei due
film. Per esempio lo zombi già menzionato che si arrampica
all'appartamento della ragazza; in Alone
è . Nel film americano è solo più abile abile degli altri
(maggiori competenze motorie conservate nel cervello degenerato)
mentre in Alive la sua
tuta ci dice che un'attitudine del genere fa parte del suo antico
mestiere (salvo errore la protezione civile). Però questa
“arrampicata” consente, nel film coreano, una trovata geniale.
Mentre lo zombi si arrampica salendo per una corda che la ragazza ha
sciaguratamente lasciato pendere, il protagonista cerca di
disturbarlo facendogli volare attorno il suo drone – ed ecco
un'immagine eccezionale di questo zombi che dà rabbiose manate
cercando di colpire il piccolo velivolo: riproduce volutamente un
King Kong alla rovescia.
Ancora più importante
paragonare la definizione delle due coppie. Nel film americano la
ragazza, per quanto intelligente, finisce per assumere il classico
ruolo di damsel in distress un po' aggiornato. Il film coreano
è più radicale. Il protagonista (Yoo Ah-in) è un simpatico
scioccone mentre la ragazza (Parl Shin-hye) non solo ha più cervello
ma è l'elemento vincente della coppia, quel tipo di ragazza
durissima che discende “per li rami” dall'aggressività di My
Sassy Girl. “Chi è in realtà?” borbotta stupefatto il
protagonista quando la vede scendere a basso e farsi strada fra gli
zombi massacrandoli ferocemente con la determinazione e l'abilità di
una supereroina. Non stupisce che, nel rapporto fra i due, abbiano
più importanza i tocchi sentimentali nel film americano, quelli di
humour nel film coreano. E sarebbe interessante parlare del finale –
ma questo non si fa.
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