mercoledì 15 luglio 2020

Soul

Emir Ezwan


Il bellissimo horror astratto e misticheggiante Soul (titolo originale: Roh) di Emir Ezwan è un film di notevole semplicità: solo sei personaggi in un solo ambiente, ossia la giungla e una capanna nel mezzo della giungla. Qui vive una donna priva del marito coi suoi due figli, maschio e femmina. Lo sviluppo allusivo e quasi onirico si inserisce in un quadro realistico: l'estrema povertà della famiglia protagonista. Arriva da loro una misteriosa bambina abbandonata e loro ne prendono cura – solo che il prologo ha avvertito noi spettatori che c'è, per così dire, puzza di zolfo. Per inciso, in un horror tutt'altro che frenetico, dal ritmo quieto ed evocativo, ci sono due scene di agghiacciante fisicità che arrivano come una doccia fredda, anche perché sono totalmente a sorpresa. E' un film atmosferico, con bei tocchi intelligenti, come quando inserisce simbolicamente nel racconto horror un riferimento alle prime mestruazioni. Nella parte iniziale, quando i due figli trovano un animale morto appeso a un albero, la prima inquadratura della scena è un'evidente citazione di I Walked with a Zombie di Tourneur. Va aggiunto che c'è nel film un uso addirittura sadico del montaggio parallelo, che frustra la volontà dello spettatore di “vedere” nel senso di “impadronirsi” del racconto. Questa soluzione è anche opportunista, innegabilmente, perché offre un modo facile per dilatare il racconto; ma nel presente film senz'altro funziona.
E' possibile che gli spettatori si trovino un po' sbalestrati sentendo nel finale (piccolo spoiler!) un diavolo impartire una lezione di teologia morale. Ma, va detto sempre, per fare un buon film sul diavolo bisogna che lo faccia uno che ci crede (esempio, William Friedkin con L'esorcista); ed è il caso di questo film, che si apre con una citazione del Corano. Conviene ricordare che nella tradizione religiosa islamica il concetto alla base della ribellione del diavolo – a differenza del puro orgoglio della tradizione cristiana – è l'invidia per la predilezione che il Creatore mostra verso l'uomo, creato di argilla – ed è, quest'ultimo, un motivo figurativo che non manca di ritornare nel film.

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