Diretto
e sceneggiato dall'esordiente Kim Yong-hoon, Beasts Clawing at
Straws si apre con una borsa Louis Vouitton (che, vedremo presto,
è piena di banconote) e la mdp la segue in dettaglio: non chi porta
la borsa, ma la borsa. Questa è una strategia narrativa, indirizza
l'attenzione dello spettatore, ma ha anche un valore simbolico:
introduce una centralità dell'oggetto rispetto agli esseri umani; e
infatti qui la borsa col denaro è al centro e gli esseri umani sono
figure di un grottesco balletto attorno ad essa, in un mosaico di
storie che a un certo punto si rivelano essere (anche sbalestrando lo
spettatore alla prima visione: perché questo è un film ch'è bene
vedersi due volte) una narrazione anacronica, che torna indietro a
spirale, anziché lineare come pareva (ombra di Stanley Kubrick...).
Torna in mente la battuta di un vecchio western di Budd Boetticher:
“E' una vergogna quello che il denaro può far fare agli uomini”.
Anche
se è tratto da un romanzo giallo giapponese di Sone Keisuike, Beasts
Clawing at Straws è un film molto coeniano, anche per quanto
riguarda l'assurda facilità del morire – che può anche avvenire
fuori campo, ed essere servita sul piatto con un effetto di ghignante
sorpresa. Ed anche ricorda i fratelli Coen (più ancora che
Tarantino, per quel gusto del throwaway che c'è dietro) la
recitazione volutamente eccessiva di alcuni comprimari in
caratterizzazioni divertentissime. Cito solo un gangster e loan
shark molto estroverso nell'assoluta malvagità e un poliziotto
coreano che sembra una versione folle del tenente Colombo.
Fra
gli interpreti non protagonisti è grande, nel ruolo della terribile
madre affetta da demenza senile, la veterana attrice Youn Yuh-jung
che abbiamo visto quest'anno al festival anche nel ruolo umanissimo
della padrona di casa in Lucky Chan-sil di Kim Cho-hee. Ma se
parliamo degli interpreti almeno un nome non si può assolutamente
trascurare, la star Jeon Do-yeon (premio alla carriera a Udine l'anno
scorso), che si mangia il film in un ruolo memorabile di dark
lady.
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