domenica 15 maggio 2016

Ten Years


Nel 1997, il triste anno dell'Handover, la Gran Bretagna ha ceduto Hong Kong alla Cina comunista – che aveva promesso di riconoscere alla ex colonia una speciale autonomia per cinquant'anni, ma com'era prevedibile la sta erodendo lentamente. Ten Years è un film indipendente antologico a micro-budget che raccoglie cinque cortometraggi cupamente satirici di giovani (e molto coraggiosi, bisogna aggiungere) registi hongkonghesi su come sarà Hong Kong fra dieci anni (il progetto è stato avviato da Ng Ka-leung). E tutta Hong Kong è andata a vederlo.
Il primo episodio, Extras (“Comparse”) di Kwok Zune, presenta due buffi piccoli criminali che preparano un attentato, ma è una provocazione dei capi della città per far approvare una legge repressiva sulla sicurezza (si allude qui ai rapporti fra il regime e le triadi). La cosa migliore del corto è l'ottima descrizione di questi due sfigati, specie di Vladimiro ed Estragone delle triadi. In un bel b/n, l'episodio scandisce la preparazione e il prevedibile (non per i due!) sviluppo finale.
Il secondo episodio, Season of the End di Yong Fei-pang, allude alla distruzione dell'identità culturale di Hong Kong e ha un inizio stupendo: residui frantumati di oggetti d'uso comune che vengono presi con le pinzette da piatti di terra applicando precisamente le regole dell'archeologia. Ma poi il corto si sposta troppo sul terreno arthouse per il suo stesso bene, talché la bellezza dell'idea iniziale viene sviluppata in una direzione che finisce per indebolirla.
Satireggia l'attacco all'identità culturale hongkonghese anche il terzo capitolo, Dialect di Jevons Au, in cui un tassista si trova nei guai perché non parla mandarino, sotto l'ombra impietosa di un progetto governativo per sostituirlo al cantonese. Un episodio senz'altro buono, compatto, veloce, nel suo tono di commedia con un sapore molto vecchio cinema hongkonghese.
Il quarto episodio, Self-Immolator di Chow Kwun-wai, è il più violento politicamente, del tutto condivisibile, ma anche il meno bello se prescindiamo dalla simpatia politica che ridesta. Da ricordare comunque l'immagine, di forte pregnanza simbolica, di Hong Kong in campo lunghissimo invasa dalla nebbia, immagine che lo punteggia e lo conclude.
Il quinto episodio, forse il migliore, è Local Egg di Ng Ka-leung. Mette in scena con spirito swiftiano (naturalmente c'è anche Orwell fra i riferimenti) una crociata dei governanti di Hong Kong contro le uova di produzione locale (la stessa parola “locale” viene considerata contro le regole), incrociata con una campagna contro le librerie – contro le quali vengono lanciate uova da una Youth Guard di bambini in una divisa paramilitare che ricorda le Guardie Rosse.
All'inizio del film compare la classica didascalia “Ogni somiglianza con persone o fatti reali è assolutamente casuale”. C'è mai stata un'ironia più amara?

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