Chris Weitz
La diga crollò con Anne Rice, sebbene anticipata da quel grande innovatore di Dan Curtis (la serie tv “Dark Shadows”): con i suoi vampiri pericolosi ma affascinanti la Rice apriva definitivamente la strada a una biforcazione delle storie di vampiri, dall’horror al romance; e di lì fu il diluvio.
Della corrente romantica dei vampiri, il rigoglioso ramo adolescenziale è cresciuto con Stephenie Meyer e la saga di “Twilight”, il cui enorme successo fra i giovanissimi ha creato una generazione di twilighters. Con la storia d'amore tra la ragazza e il vampiro, tra Bella Swan (dal nome doppiamente favolistico) ed Edward Cullen, Stephanie Meyer ha saputo toccare un nervo profondo dell’eros adolescenziale: la tentazione e insieme la paura di lasciarsi andare sul piano sessuale. Il vampirismo, nella favola di “Twilight”, sta per il sesso: sotto la metafora del contagio vampirico la storia parla del desiderio e del controllo del desiderio, del contrasto fra istinto e ragionamento, della sensazione di una scelta irreparabile. “E’ come se tu fossi la mia qualità preferita di eroina”, dice Edward a Bella nel primo film, diretto dalla modesta Catherine Hardwicke. Film peraltro che spreca tutta una quantità di occasioni, anche se fornisce agli spettatori alcune divertenti annotazioni sugli usi e costumi del vampiro americano - dal gusto per l’architettura razionalista al gioco del baseball superveloce.
Si poteva sperare che il passaggio della regia a Chris Weitz portasse un po' di sangue nelle vene anemiche della serie cinematografica, ma ormai Weitz è lontano da quello spiritaccio che dava vita ad “American Pie” (di cui fu produttore, col fratello Paul per regista). “New Moon” è peggio di “Twilight”: anche perché abbandona quello sguardo “interno” sulla vita dei vampiri che forniva qualche tenue spunto d'interesse al film della Hardwicke. Qui la piattezza è totale. Al massimo ci si diverte a guardare come la sceneggiatura di Melissa Rosenberg si danna per tenere contento il pubblico facendo apparire sullo schermo Edward (Robert Pattinson) laddove il plot gira attorno alla sua assenza: sogni, flashback, allucinazioni, apparizioni telepatiche ammonitorie e quant'altro. In questo compito la sceneggiatrice esaurisce la sua fantasia, perché il resto è tanto banale quanto traballante sul piano logico. Per esempio: va bene che nessuno scommetterebbe sul QI della protagonista della serie, ma neppure il più fan dei fans può prendere sul serio il fatto che lei - quando Edward gemente l'abbandona per il suo bene - si lascia convincere sui due piedi che non l'ama più.
Del resto, se anche fosse una cosa seria, verrebbe ammazzata dalla recitazione disastrosa di Kristen Stewart. Nemmeno i suoi pretendenti Robert Pattinson e Taylor Lautner (il vampiro e il licantropo) sono un granché come attori, ma lei è inconcepibile. La sua totale inespressività non varia neppure quando è mezza annegata. Per vedere la differenza fra questa mummia e una giovane attrice vera, basta guardare la breve scena in cui è in auto con Ashley Greene (Alice).
L'introduzione di lupi mannari king size in digitale non fa molto per sollevare il film. Se già “Twilight” metteva in ombra le sue emozioni più oscure, in “New Moon” esse vengono completamente sterilizzate. Basta vedere com'è ridotta a pezzettini la pagina dell'inseguimento e uccisione del vampiro da parte dei lupi mannari. Verso la fine, se Dio vuole, si arriva in Toscana, ai Volturi, che trasmettono almeno loro un senso di grandezza e di minaccia. E per forza: il capo dei Volturi, Aro, è l'ottimo Michael Sheen, attore teatrale inglese che si appropria della parte camping it up nel modo più sfacciato, e con essa dell'intero film: il suo vampiro è l'unica figura che merita di restare nella galleria dei succhiasangue cinematografici. Ai Volturi è connessa anche l'unica idea veramente divertente del film: la vampira Heidi porta loro un carico di vittime nella sua veste di guida turistica dei palazzi di Volterra (un'ottima copertura per un vampiro! Così non ti tocca trascinarli, anzi, sgambettano per tenerti dietro).
Nella finta Volterra l'effetto scenografico (la “Festa di San Marco”), seppure non particolarmente originale, è visualmente piacevole, anche perché arriva come una liberazione in un film scenograficamente grigio; peccato che lo rovini la ridicolaggine di quell'auto sportiva gialla che attraversa le strade della cittadina medievale a velocità supersonica senza prendere nemmeno una multa. A questo punto, le speranze della saga riposano tutte sul prossimo film. Siccome “New Moon” ha segnato un'eclissi, speriamo che “Eclipse” ci porti la luna nuova.
mercoledì 16 dicembre 2009
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6 commenti:
Hai citato la Rice come apripista; non ho capito però se in positivo o negativo. Per quanto mi riguarda, quando avevo 16 anni adoravo Lestat e compagni, e sono felice di esser stata adolescente quando ancora i vampiri non erano fenomeni da ormonamento prepuberale di massa.
Almeno Anne Rice, per quanto ricolma di cliché da decadentismo postmoderno, cercava di dare un passato, una storia e un'anima alle sue creature, dotate di un briciolo coscienza (di sè) e differenziate l'una dall'altra quel tanto che bastava a renderle "romanzescamente" valide. Devo però dire che, per quanto visivamente le atmosfere fossero perfette e il cast superbo (Tom Cruise su tutti) secondo me il film di Neil Jordan ha rispettato poco lo spirito di "Intervista col vampiro".
Non ho visto New Moon, ma ho visto Twilight, e ne sono rimasta colpita: è ben difficile che un film riesca ad essere tanto incredibilmente piatto in TUTTO, persino la fotografia. Il romanzo se non altro aveva un minimo di dignità narrativa.
Mah!, io avevo apprezzato "Intervista col vampiro" (il romanzo), però mi sono bloccato già a metà del secondo romanzo e ho detto "basta". Però nell'attuale voga vampirico-esistenzial-giovanil-romantica non è tutto da buttar via... Laurell K. Hamilton (Anita Blake) si fa leggere, specie i primi romanzi (ma forse è meglio la sua serie di Meredith la fata), Charlaine Harris è certamente piacevole, MA quella che è veramente imperdibile è inedita in Italia, ed è la spiritosissima MaryJanice Davidson. Le sue avventure - narrate in prima persona - di una regina riluttante dei vampiri che si chiama Elizabeth Taylor ed è la classica sciacquetta della porta sono una vera delizia. Altamente raccomandato!
Noto che sei un pozzo di consigli anche letterari :) Non conosco le autrici che hai citato, ma cercherò questa Davidson, ispira molto.
Io di recente mi sono innamorata di Terry Pratchett, capofila dei dissacratori del fantasy, e nel giro di qualche mese ho letto quasi tutta la Saga del Mondo Disco. Tra l'altro hanno fatto due miniserie ispirate ai suoi romanzi: le conosci?
Una è "The Colour of Magic", l'altra (la mia preferita) "The Hogfather". Anche queste purtroppo non sono ancora legalmente distribuite in Italia, almeno che io sappia.
A che punto finisce la critica e inizia la pura soggettività? Me lo chiedo perché a me proprio non piace Pratchett (onore all'anima sua, è scomparso di recente), e so di far parte di un'infima minoranza. Invece, conosci le affascinanti storie dell'"Incomplete Enchanter" di DeCamp & Pratt e quelle (anche letterariamente assai belle) di Fafhrd e del Gray Mouser del grande, grandissimo, immenso e indimenticabile Fritz Leiber? A suo tempo le aveva pubblicate la Nord....
Njet, non conosco... ma Pratchett non è morto! o_O Ha "solo" l'Alzheimer... almeno a quanto risulta a me. Gli autori che citi sono sempre sul fantasy sarcastico/ironico?
oh yes! l'INCOMPLETE ENCHANTER di DeCamp e socio è l'ironico viaggio di un mago americano nei mondi letterari (fra cui l'Ariosto). E' stupendo il primo romanzo, ambientato nel mondo della mitologia nordica, per il quale gli autori si sono veramente ben documentati, te lo assicuro, sull'Edda di Snorri. Leiber, poi, è uno dei pochissimi autori di fantascienza classica che saranno conosciuti ancora fra un paio di secoli (con Bradbury e Sturgeon, direi). Di lui bisogna assolutamente leggere il capolavoro IL GRANDE TEMPO, ma sono deliziosi anche i racconti fantasy che citavo. In questo campo, il romanzo LE SPADE DI LANKHMAR è indimenticabile, la sua elaborazione fantastica mi fa pensare a un Tim Burton ante litteram, ma consiglierei di cominciare con i racconti brevi.
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