mercoledì 3 giugno 2009

Lupin III - Il castello di Cagliostro

Miyazaki Hayao

Non fosse altro che per vedere su grande schermo il mitico Lupin III, con la sua famosa 500 gialla targata R-33, val la pena di comprare il biglietto per "Lupin III - Il castello di Cagliostro" nella nuova versione restaurata e ridoppiata.
Questo lungometraggio a cartoni animati del 1979 fu il secondo film ad affiancare la serie tv "Lupin III" ("Rupan Sansei"), il delizioso "anime" - ovvero cartoon giapponese - tratto dal manga di Mokey Punch (Kato Kazuhito), che per inciso è assai diverso, e ancora più bello.
Quest'anno cade il quarantennale della prima apparizione di Lupin; ma si capisce che la ragione principale che ha ispirato la riedizione di questo lungometraggio è il fatto che esso è diretto da Miyazaki Hayao, il maestro dei maestri dell'animazione giapponese. Nel 1979 Miyazaki averva già lavorato ad alcuni episodi tv di Lupin, e "Il castello di Cagliostro" ("Kariosutoro no Shiro") rappresentò il suo esordio come regista.
Il film è un piccolo capolavoro, che concretizza splendidamente gli elementi di avventura, umorismo e leggero romanticismo della setrue. Sono da citare pagine come la memorabile sequenza del "car chasing" fra la 500 truccata di Lupin, la Citroen della principessa Clarisse e l'auto dei sicari pistoleros e bpombaroli. O la parodia dei diplomatici internazionali, che pongono il veto all'intervento dell'Interpol per motivi di bassa politica, spezzando il cuore al povvero ispettore Zenigata. O la fantasia macabra del sotterraneo pieno di antichi cadaveri (sublime, più tardi, l'apparizione di Lupin, Jigen e Goemon come finti fantasmi!). O la bella Fujiko che mentre fa la telecronaca spara a un rompiscatole!
Naturalmente la domanda che si pone è: quanto c'è di Miyazaki come "auteur"? Anche a parte il fatto che Miyazaki era agli inizi, va da sé che in un film del genere qualsiasi spinta autoriale è obbligata a rientrare nella logica seriale per stile narrativo e per concezione dei personaggi e delle atmosfere. Ebbene, nonostante la sua natura seriale, "Il castello di Cagliostro" contiene già evidentissima l'impronta di Miyazaki (anche sceneggiatore, con Yamazaki Tadashi).
La avverti già all'inizio, nel paesaggio campestre dove corre tranquilla la 500 prima dell'inseguimento, ed esplode nella meravigliosa inquadratura dell'ombra delle nuvole che corre sui campi; e questo è proprio Miyazaki: la bellezza potente e leggermente malinconica del mondo, la capacità di rendere i momenti atmosferici attraverso una sorta (molto giapponese) di "sospensione", come se fossero stati d'animo della Natura stessa.
Vero che le ambientazioni europee sono frequenti in una serie vagabonda e cosmopolita come "Lupin III", ma l'impronta "mizayakiana" si vede altresì anche nella concezione architettonica. Non dobbiamo dimenticare come una città dall'architettura europea, di stile sette-ottocentesco, dall'architettura nordica ma trapiantata in un clima mediterraneo, col cielo azzurro e la calda presenza del mare, sia una specie di "ambiente sognato" che giace costante nel cuore di Miyazaki (trionfando in quello che si può considerare uno dei suoi capolavori assoluti: "Kiki's Delivery Service").
Ora, la piccola città dello Stato di Cagliostro anticipa - in embrione - questo strano sogno europeo sognato da un giapponese. Per di più, è verso la classica città di Miyazaki, coi suoi tetti a punta e il suo porto assolato, che vediamo sfrecciare tutti i nostri eroi nel classico inseguimento che conclude il film.
L'immenso castello di Cagliostro non è che il primo di molti deliranti edifici, ora inaccessibili ora sbilenchi, di cui Miyazaki ha riempito il suo cinema; nelle due grandi sequenze dell'arrampicata di Lupin e della sua lotta con il Conte Cagliostro già scintilla la grandiosità di concezione grafica dell'autore.
E nel climax del film - il colossale muro d'acqua che si alza dopo la caduta della torre, la rivelazione della città romana sommersa - possiamo vedere una prima rivelazione del gigantismo romantico di Miyazaki.

(Il Nuovo FVG)

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