sabato 12 gennaio 2008

Yesterday Once More

Johnnie To

Eravamo tutti ansiosi di vedere, al Far East Film Festival, il film “udinese” di Johnnie To, contenente 10 minuti girati nella nostra città (più il cimitero Sant’Eufemia a Tarcento e Sella Sant’Agnese presso Gemona). Ma questo era specialmente per l’interesse della location, giacché quando il film era stato presentato in prima italiana al Torino Film Festival ne erano rimbalzati alcuni commenti piuttosto freddi (a confermare i più acidi luoghi comuni sulla miopia dei critici). Invece ora che abbiamo visto “Yesterday Once More” possiamo segnalare una bella sorpresa: abbiamo assistito a un capolavoro. Questa storia di due ladri ex moglie e marito, Andy Lau e Sammi Cheng, ancora innamorati e pieni di ripicca, che si rincorrono in una girandola amorosa di brutti tiri e d’inganni è la miglior commedia di Johnnie To in assoluto; arrivo tranquillamente a dire che ricorda Blake Edwards.
Nelle commedie di Johnnie To, da solo o in coppia con Wai Ka-fai, si trova di solito un elemento (molto cinese) assai libero e “sfasciato”, un che di grottesco, destinato a sboccare nel sentimentale (un esempio è il bellissimo “Love on a Diet”). Qui troviamo invece una struttura di “sophisticated comedy” estremamente controllata. Non ci sono le consuete fughe nel grottesco - non contraddice quest’asserzione il tocco pur grottesco dei due investigatori mangioni, che è puro gioco di “sidekick” in senso classico, onde rientra nei canoni.
Johnnie To nel suo cinema ha sempre amato molto il tema del raddoppiamento (spinto fino a livelli parossistici nella recente commedia “Turn Left, Turn Right”). Nel gioco di inganni reciproci fra i protagonisti in “Yesterday Once More”, atti, progetti, movimenti si sdoppiano, si duplicano geometricamente, con l’effetto “etologico” di una complicata danza di corteggiamento, fatta di movimenti paralleli e minimi scarti.
Il gioco del vero e del falso struttura una commedia sofisticata brillante, veloce, decisa: bei tempi comici, vivace montaggio spietatamente ellittico, romanticismo scintillante (la scena iniziale della spartizione dei diamanti è degna della Hollywood anni ’40 - mentre il tono generale del film mantiene una raffinata e ironica aria anni ’60, con passaggi da post-Bond intellettuale). La sequenza del furto della collana è un bell’incrocio di movimenti opposti e contrapposti, in un caos “depalmiano” della visione.
Accanto al romanticismo e alla sensualità (che trova un’interessante materializzazione simbolica nel vino rosso), il concetto ritornante in tutto il film è quello di “game”: sport, giuochi da tavolo, scommesse; cui risponde alla fine Sammi Cheng, quando alla fine grida: “No more games!”, sono stanca di giochi, ma è tardi: come accade sempre in Johnnie To, sulle logiche del doppio e dello scambio si sovrappongono impietosamente i giochi sadici del destino, e sui suoi giochi con Andy Lau si stende l’ombra della morte.
Resta da dire della location friulana. Si sa, qualsiasi film crea attraverso il montaggio uno spazio immaginario. Johnnie To trasforma la città di Udine ridisegnandola secondo una geografia magica, che la rende più piccola e più poetica. Quanto a Sella Sant’Agnese, è bellissimo l’uso del paesaggio friulano: prima utilizzato come location straniera a fini esotico/estetici e poi - penso alla passeggiata di Andy Lau, malato terminale, davanti alla montagna - in senso drammatico.
Se Andy Lau è eccellente, in una parte alla Clark Gable, Sammi Cheng è sublime. Ma soprattutto possiamo essere grati a Johnnie To, non per un film “su Udine” ma per un film grande.

(Il Nuovo FVG)

Nessun commento: