martedì 8 gennaio 2008

Una storia vera

David Lynch

Una leggenda giornalistica sul capolavoro di David Lynch “Una storia vera” vuole che sia una svolta nella sua filmografia, quasi una palinodia. In realtà è un film lynchano al 100%. Facile ritrovarvi quella forma di “sospensione”, quel lavoro di amplificazione del suono, del buio, dell’immobilità che distingue Lynch, e Michel Chion ha ben descritto in una basilare monografia. Per non dire delle sue classiche inquadrature frontali. Di quell’America di stranezze (i cervi che spuntano dal nulla sempre contro la stessa auto, l’incendio della capanna isolata con gli spettatori su sedie da giardino). Di quell’antropologia lynchana tra divertita e inquietante che riempie i suoi film e ha trovato - se non altro per ragioni di dimensione - il terreno più fertile in “Twin Peaks”.
Come tutti sanno il film racconta la storia, autentica, del lentissimo viaggio dallo Iowa al Wisconsin su un tosaerba del vecchio Alvin Straight (“The Straight Story”, titolo originale, è “storia di Straight” come è “storia vera” come è “storia onesta”), per trovare il fratello col quale non si parlava più e che ha avuto un infarto. Nel film torna due volte, con troppa evidenza per essere casuale, la bizzarra osservazione che nel Wisconsin si fanno delle feste bellissime. E’, “The Straight Story”, una ricerca della festa: nel senso di John Ford, momento della ricomposizione della comunità (questo è fordiano nel film, non gli aspetti esteriori). Alvin parte alla ricerca della comunità, nella sua base originaria: la famiglia.
Non dimentichiamo che Alvin proviene da un inferno scisso e doloroso. I ricordi della guerra, il fantasma dell’alcoolismo, la storia straziante della figlia Rose (Sissy Spacek) coi suoi quattro figli perduti, ritornanti nelle visioni di lei - aperte da un frazionamento, il dettaglio fortissimo della pompa a terra, che ricorda da vicino un altro dettaglio, l’orecchio tagliato nell’erba di “Velluto blu”. L’apertura del film, iperrealista e semiparodistica, è deformata da deliranti grandangoli; ma in seguito il grandangolo, così amato da Lynch, perde la sua connotazione inquietante per assumere un senso come di grandezza e meraviglia.
Non occorre insistere che un viaggio nel mondo esterno è in primo luogo un viaggio dentro se stessi (non è una metafora ma una dimostrazione dell’identità di macrocosmo e microcosmo). Lungo la strada Alvin passa dal territorio dell’incubo - forse non è casuale che il film cominci, fuori campo, con una caduta - alle stelle, che chiudono la sublime sequenza finale quasi muta con Harry Dean Stanton (cfr. al contrario il delirio verbale nella primissima scena). E’ un film di suoni e di silenzi (evidenza dei rumori!). Il valore della parola viene recuperato attraverso il suo uso parco - Alvin è caratterizzato come portatore di silenzio fin dalla scena citata. Il viaggio si svolge in un tempo/non tempo, un tempo mitico, non scandito ma amplificato da maestose immagini del sole che sorge nella splendida fotografia di Freddie Francis. I campi coltivati nelle riprese dall’elicottero diventano un tessuto astratto (come Tim Burton, Lynch ha sempre rotto la separazione e messo in connessione le dimensioni).
In tutto il cinema di Lynch è fortemente presente la fuga “on the road”. Ma per esempio in “Twin Peaks” essa riportava sempre al punto centrale, la cittadina, per la logica immanente della soap opera e perché l’universo di “Twin Peaks” è circolare, si avvita su se stesso (e in ciò ricorda i microuniversi abitati come buchi nel muro del primo Lynch). In “The Straight Story” abbiamo un’uscita, e una ricomposizione familiare. L’immagine perduta del padre, oscuramente ricercata in tutti i film di Lynch, qui si risolve. Acutamente Lorenzo Esposito in un saggio sul film ha evocato Whitman e Poe (per l’elemento incubico che l’accompagna); potemmo aggiungerci, paradossalmente rovesciato, Mark Twain. Nota: sono tutti autori della giovinezza americana.
Così Alvin è figura miracolosa (il prete: “Beh, e a questo io dico: e così sia”). Il miracolo della ricomposizione.

(Il Nuovo FVG)

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