martedì 8 gennaio 2008

Tabù - Gohatto

Oshima Nagisa

Declinato in stupende inquadrature, la cui bellezza classica si arricchisce in forti dettagli che possiedono una risonanza narrativa, non poetica, ormai rarissima sullo schermo, il capolavoro di Nagisa Oshima “Tabù - Gohatto” si apre sugli aspiranti samurai della compagnia Shinsengumi che si battono con le spade di legno. Fra i loro abiti blu scuro spicca il giovane Kano/Ryuhei Matsuda nel suo abito bianco (che è anche il colore orientale della morte e del lutto). Lo osserva Hijikata/Takeshi Kitano, il vero protagonista del film, testimone ironico e sottilmente angosciato, le cui risate nel film hanno un’essenza assolutamente shakespeariana: ride della follia del mondo e delle cose mentre compie il suo lavoro e il suo destino.
Il bellissimo viso femmineo di Kano, la pelle chiara, i capelli lunghi (“A 18 anni porta ancora i capelli acconciato come un ragazzino: una vera provocazione per gli uomini sensibili al suo fascino”), tutto lo separa immediatamente dagli altri: ha una sorta di alienità; è come se una luce innaturale cadesse su di lui - ed è proprio innaturalmente illuminato che apparirà a Hijikata in una visualizzazione allucinatoria prima della fine. Seduttore e sedotto, Kano porta tra i samurai uno scompiglio di natura omosessuale (la scena d’amore inconsapevole quando il sergente gli aggiusta il sandalo per strada: da molto tempo l’eros non aveva assunto sullo schermo una manifestazione così semplice e potente). Tutti sono turbati o ossessionati da lui; tutti si sospettano a vicenda di innamoramento - e hanno ragione, al di là di quanto essi stessi siano disposti ad accettare (il “No, no!” di Hijikata di fronte alle proprie fantasie/introspezioni). Hanno ragione - se depuriamo il termine innamoramento di ogni romanticismo. In Oshima l’amore è attrazione abissale, brama di possesso fisico e mentale, spinta verso la morte. Occorre citare “Ecco l’impero dei sensi” e “L’impero della passione”? In “Gohatto” tutti i dialoghi e le richieste d’amore legano strettamente l’amore e la morte fin dall’inizio (e alla fine è una storia di fantasmi ad essere pronunciata come metafora dell’amore, sotto il simbolo doppio del crisantemo).
“Un samurai può essere distrutto dall’amore per gli uomini”, dice Hijikata. Una follia sotterranea corrode la società dei samurai: furiose gelosie, delitti notturni, oscuri attentati. Merita ricordare che già in “Furyo” Yonoi definiva la sua attrazione per Celliers/David Bowie in termini di “spirito malvagio”, di demone personale. Nelle parole di Hijikata: “Kano era bello, troppo bello. Gli uomini si approfittavano di lui. Ma lui era posseduto dal male”. Kano dal volto enigmatico, luciferino e mirabile, il cui sorriso ambiguo diventa demoniaco nel duello finale, Kano che si è arruolato - dice - “solo per avere il diritto di uccidere” (poco prima ha detto al sergente: “Io non ho nessun futuro”), in termini orientali potremmo dire che è una volpe in sembianze umane che corrode la comunità degli uomini. Ancora una volta Oshima descrive la rivolta e l’irruzione della forza dissolvente della sessualità nell’ordine raggelato del rito, questa colonna portante della cultura giapponese (già esplorato/rovesciato ne “La cerimonia”).
E la seduzione di Kano s’incrocia col momento storico: è il 1865: questi samurai estremisti, che hanno indurito in senso suicida il proprio codice di guerra, difendono il sistema dello shogunato alla vigilia della sua caduta, e con esso dell’intera casta dei samurai. Nella bella scena della discussione politico-militare-etica al banchetto si esprime l’incertezza del futuro (le discussioni appassionano Oshima. Chi può dimenticare le furiose e appassionate panoramiche che in “Notte e nebbia del Giappone” mostravano, no, cantavano le interminabili rabbiose discussioni politiche fra gli studenti rivoluzionari?). E nella superba conclusione, dopo una morte fuori scena potente come quelle della tragedia greca, il simbolico colpo di spada con cui Hijikata tronca il ciliegio in fiore suggella il film con uno dei momenti più alti di tutto il cinema giapponese.

(Il Nuovo FVG)

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