martedì 8 gennaio 2008

South Park - Il film

Trey Parker

Gli americani, si sa, sono sempre andati a caccia del diavolo nella loro storia (è scherzare solo un poco se diciamo che i Padri Pellegrini furono cacciati a pedate dall’Inghilterra sul “Mayflower” perché gli inglesi, da buoni empiristi, non volevano avere puritani caccia-diavoli fra i piedi). Sempre con piglio di crociata l’hanno trovato, il diavolo, prima nelle streghe di Salem, poi via via nelle credenze degli schiavi, nella civiltà del Vecchio Sud, negli indiani, negli immigrati, nell’alcool, nei comunisti, poi negli anticomunisti al tempo del Vietnam, e adesso nel fumo (vedi “Insider”, il sopravvalutato film di Michael Mann, impreziosito solo dalla fotografia di Dante Spinotti) e nel linguaggio (il cancro del “politically correct”!).
L’occhiuto e intollerante moralismo americano è il bersaglio fisso di “South Park”. Approda ora al lungometraggio cinematografico questo bellissimo cartoon tv, cronaca violentemente satirica della vita di quattro bambini in una cittadina americana di raggelante mediocrità, popolata di adulti ripugnanti. “South Park” non risparmia i suoi bersagli, dalla religione al patriottismo ai rapporti razziali. Ferocemente “incorrect”, è incendiario su tutti i piani: dal linguaggio oltraggioso ai contenuti, dove porta in primo piano il “non mostrabile” dei cartoons, il vomito, gli escrementi, la morte. Un personaggio, Kenny, muore orribilmente in ogni puntata! Qui, si ustiona nel tentativo di incendiarsi una scorreggia; all’ospedale - in una scena di feroce parodia di “E.R.” - gli trapiantano al posto del cuore una patata lessa, con esiti letali.
Sinossi: un volgarissimo film di scherzi sulle flatulenze, dei comici canadesi Pompino e Trombadur, scatena un’ondata di coprolalia e ribellione fra i bambini di South Park. Le loro madri, oltre a sperimentare un microchip da inserire nel cranio dei figli, che gli dà la scossa a ogni parolaccia, fondano un movimento anti-canadese e convincono Clinton a dichiarare guerra al Canada. Intanto il morto Kenny, respinto da un Paradiso pieno di donne nude, è finito all’Inferno, dove Satana vive un amore omosex col neo-arrivato Saddam Hussein - ma Satana è romantico e innamorato mentre Saddam è libertino e calcolatore. L’Inferno prepara l’Apocalisse approfittando della guerra USA-Canada e solo i bambini, che fondano “la Résistance”, possono fermarla.
“South Park” non è meno radicale sul piano grafico. La sua semplificazione totale del tratto ricorda le produzioni cartoonistiche dell’Est europeo, ma è altresì debitrice dei “Peanuts” di Charles M. Schulz: colla sua bidimensionalità e i suoi personaggi schiacciati (la sua “flatness”, per usare un termine che ebbe un ruolo importante nella critica d’arte americana), coi suoi colori pastello che occhieggiano - come tutto - al computer, “South Park” realizza un’operazione di avanguardia nel campo dei cartoons, nel senso della riduzione estrema del segno, volutamente povero, perfino sgradevole. Questo sperimentalismo trova le sue punte più alte di astrazione proprio nel presente film.
Qui entrano però le aperture connesse alla sua natura di (delizioso) musical. L’amplificazione coreografica propria dei numeri del musical (cfr. la canzone dei bambini su quanto sia stronza la madre di uno di loro, che si dilata ripresa in coro da tutto il mondo) si amplia anche sul piano del linguaggio cinematografico. Coraggiosi loopings, vivaci “movimenti di macchina” entrano in dialettica con la semplificazione grafica, in un ricercato equilibrio che apporta ricchezza al film.
E in questo senso - oltre che per la sua ancor maggiore audacia - possiamo dire che il film ha superato bene il passaggio da corto a lungometraggio: riesce a non essere un allungamento ma un qualcosa di più della serie tv. Risulta quindi giustificato il sottotitolo, nel quale il lettore forse identificherà una sottile allusione: “Più grosso, più lungo & tutto intero”... sì, è davvero “Bigger, Longer & Uncut”!

(Il Nuovo FVG)

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