martedì 8 gennaio 2008

Snatch - Lo strappo

Guy Ritchie

E’ uno dei film più divertenti della stagione, l’inglese “Snatch - Lo strappo” di Guy Ritchie: che gli amatori di gossip conoscono principalmente come marito di Madonna, ma che si era rivelato tre anni fa con “Lock & Stock - Pazzi scatenati” (alcuni interpreti del quale ritornano qui: Vinnie Jones, Jason Stratham). “Snatch” è una violenta commedia nera senza donne, dove disparate fazioni (malavita ebraica inglese e americana, un russo feroce, un boss inglese delle scommesse peggio ancora di lui, una tribù di zingari poco affidabili, due piccoli delinquenti bianchi, un trio di negri che sono i più sfigati di tutti) convergono attorno a un gigantesco diamante in un gioco di incontri e scontri, culminante nella pagina esilarante degli incidenti a catena. Ritchie (anche sceneggiatore) rinnova un tema più che classico mediante una verve narrativa ammirevole. Sembra la versione post-Tarantino di una “Ealing comedy” (quelle classiche degli anni ’50 con Alec Guinness, ricordate?). E’ un film gasato, veloce, ritmato (va menzionato l’ottimo lavoro del montatore Jon Harris). Guy Ritchie ha talento: vedi il viaggio aereo di Dennis Farina dall’America a Londra, realizzato in riassunto... non più di cinque secondi di montaggio fulminante... in modo da essere il più veloce della storia del cinema.
La descrizione di questa galleria di figure malavitose è impagabile. Si vorrebbe citarli tutti, ma tocca limitarsi ai due cattivi veri (perché di essere “cattivo fino al midollo” lo credono tutti), il grottesco super-duro Tony (l’ex calciatore Vinnie Jones) e il personaggio più centrato di tutti, il gelido, terrorizzante boss Testarossa (Alan Ford - proprio così!). Nella galleria ben s’inserisce Brad Pitt nel ruolo di uno zingaro campione di boxe. Pitt, la cui specialità è l’“overacting”, funziona come attore solo quando ha queste parti eccessive.
Mi rendo conto che sarebbe un’esagerazione tirare in ballo le varie “nouvelles vagues” degli anni sessanta, ma prendiamolo solo come un punto (alto) di paragone. Guy Ritchie è innamorato dei suoi personaggi. Si sente che per ognuno ha un’urgenza di inventare, di dire, di esagerare, di mostrare, di disegnare, di giocare - di raccontare col cinema; ma non erano proprio questo, gli anni sessanta? Ricordate (esempio certo inarrivabile) Tony Richardson e “Tom Jones”? Anche se nella freschezza semidelirante di “Snatch” si sente in ultima analisi un qualcosa di artificioso, di pompato, nondimeno di freschezza si tratta.
Un aspetto basilare del film, connesso a quest’attrazione per i personaggi, è il forte interesse per l’aspetto linguistico. Per quanto il doppiaggio italiano lavori valorosamente, inventando parole di slang (zinghi, sterle) o un intero linguaggio (il dialetto degli zingari, che suona vagamente pugliese), “Snatch” è uno di quei film che più richiederebbero la versione originale sottotitolata. Gioca gustosamente sulla stratificazione linguistica, facendo parlare ogni personaggio nell’inglese suo proprio, dal cockney al gergo negro ai differenti slang inglese e americano (con Dennis Farina che ci si incazza!). Del resto il gusto del linguaggio faceva capolino fin dal folgorante inizio, con dei rabbini che passano sotto le telecamere di una banca discutendo amabilmente di esegesi biblica, e poi si rivelano rapinatori travestiti: se ci fate caso, l’argomento della loro discussione è linguistico... un errore di traduzione dei Settanta, “vergine” per l’ebraico “giovane donna”, da cui (parafrasi mia) il “succès de scandale” del cristianesimo. Ma vedi anche la grande pagina oratoria di Testarossa che spiega con compiacimento come si dà un cadavere in pasto ai maiali, e quando gli chiedono chi è fa: “Conosci il significato della parola nemesi?” - e ci arpeggia sopra, meglio di un dizionario, con la stessa voluttà con cui Guy Ritchie modula i racconti dei suoi personaggi stralunati, sfortunati, buffi e perniciosi.

(Il Nuovo FVG)

1 commento:

Anonimo ha detto...

La tua recensione è piena di riferimenti interessanti. Se capissi meglio l'inglese me lo sarei visto in originale, cosa che amplifica di molto il divertimento. Totalmente d'accordo.