martedì 8 gennaio 2008

Evolution

Ivan Reitman

Nel titolo del delizioso “Evolution” Ivan Reitman possiamo vedere due significati. Quello del racconto: un meteorite innesta sul nostro pianeta un processo evolutivo (alieno) mostruosamente accelerato, che rischia di spazzare via la vita terrestre. Ma anche uno metacinematografico, perché l’espressione “un processo evolutivo mostruosamente accelerato” si attaglia assai bene alla computergrafica nel cinema. Uno non ha finito di stupirsi per gli effetti digitali visti in un film che quello dopo li fa sembrare obsoleti.
Così le creature mostruose di “Evolution” sono un’autentica meraviglia. Non solo sono realizzate con un realismo e una credibilità sconvolgenti, ma seguono una plausibile logica biologica (scusate il bisticcio). Una sola sembra fare eccezione alla coerenza del film, una specie di cane dal muso triste - ma uno non fa in tempo a dirsi “Ohi, ecco che hanno ficcato tra i mostri il solito animaletto ‘cute’ che piace tanto agli americani”, che si rivela appunto uno scherzaccio sulle attese dello spettatore.
Non solo un film di mostri extraterrestri: è una commedia gustosissima, tutta strizzate d’occhio e citazioni. David Duchovny fa il verso con divertito umorismo al suo personaggio di Fox Mulder in “X-Files” (solo che Mulder non avrebbe mai potuto mostrare il culo nudo ai militari in segno di spregio); Orlando Jones non è meno spiritoso nel parodiare la rappresentazione dei negri nel cinema americano d’oggi; poi ci sono il super-demenziale Seann William Scott, Julianne Moore che in versione “comedy” riesce benissimo (altro che “Hannibal”!) e una comparsata di Dan Aykroyd, attore-feticcio di Reitman, come sboccato e iracondo governatore dell’Arizona. Scorre lungo questo film uno spirito anarchico e demenziale che scalda il cuore. Vedi per esempio la scena esilarante dell’“operazione” di Orlando Jones per estrargli un insetto alieno, un incrocio fra la chirurgia a freddo, la sodomizzazione e il parto, coi compagni a fianco del lettino a confortarlo - scherzo sulla sodomia che tornerà rovesciato e ingigantito nello strepitoso finale, un grandissimo esempio di cinema rabelaisiano.
Nella diseguale carriera di Ivan Reitman, “Evolution” è un punto alto: il suo miglior film dopo “Ghostbusters” (meglio anche dell’intelligente “Dave - Presidente per un giorno”). Del resto fra i due film c’è un legame netto, anche se Reitman non ha più come sceneggiatore Harold Ramis. “Evolution” fa per la fantascienza quello che “Ghostbusters” aveva fatto per l’horror, anche qui
mettendo in scena un trio di salvatori scassati in opposizione alla potenza delle forze dell’ordine ufficiali.
Potremmo dire che Reitman ha sempre sottolineato una morale americanissima, vagamente alla Frank Capra, del “piccolo uomo” che si sputa sulle mani e combatte (e vince) coi suoi poveri mezzi.
Si potrebbe ben parlare di Kevin Kline che in “Dave”, arrivato alla Casa bianca come sosia e controfigura del Presidente, “mette le cose a posto” (davvero come in una commedia di Capra o di Gregory La Cava), o dell’improbabile equiparazione fra Arnold Schwarzenegger e Danny De Vito ne “I gemelli”. Ma come dimenticare “Ghostbusters”, quando si materializzava sul tetto del grattacielo una potentissima dea sumerica del male (roba che chi scrive sarebbe scappato di corsa a telefonare a Max Von Sydow) e i tre protagonisti non sapevano bene come fare ma partivano all’attacco lo stesso, al grido di “Facciamo vedere alla tr... preistorica come lavoriamo noi dell’assessorato!”. E la loro vittoriosa arma finale - quel gigantesco pupazzo vivente fatto di chewing-gum o marshmallow o che so io - era l’evocazione dello Spirito Americano contro i cattivi spiriti del passato.
Sembrerà strano, ma in “Evolution” accade esattamente lo stesso. Dove l’esercito degli Stati Uniti non solo fallisce ma peggiora la situazione, arrivano al salvataggio le armi più quotidiane del “piccolo uomo”: un carro dei pompieri, cui manca solo il dalmata come mascotte, e un mucchio di flaconi di shampoo. Bastano per dire: questo pianeta è nostro: l’evoluzione spetta a noi.

(Il Nuovo FVG)

Nessun commento: