martedì 8 gennaio 2008

Scooby-Doo

Raja Gosnell

Risulta che “Scooby-Doo”, il film di Raja Gosnell dal cartoon di Hanna & Barbera, con personaggi umani, e con l’alano fifone realizzato in computergrafica, ha incassato più di qualsiasi altro film tratto da cartoni animati nella storia del cinema. A parte lo status di culto del personaggio, a garantire il successo di un film anche epidermicamente divertente, qua e là, ma nel complesso assai modesto sono la bontà dell’animazione in CG del protagonista e l’intelligenza con cui è stata realizzata la concretizzazione in forme umane dei suoi quattro partner (Matthew Lillard, Sarah Michelle Gellar, Linda Cardellini e Freddie Prinze jr., rispettivamente Shaggy, Daphne, Velma e Fred).
Trasporre in film “dal vivo” una serie animata accresce l’esigenza - propria di qualsiasi trasposizione - di riflettere sui suoi meccanismi psicologici e narrativi: per la forma cartoon quanto per la serialità. Giustamente, “Scooby-Doo” contiene una gradevole vena parodistica rispetto ai personaggi del cartone animato. Quando Daphne dice “L’unica cosa in cui sono maestra è farmi catturare” (è un tormentone del film), o quando Shaggy fa a Scooby-Doo “Facciamo quello che sappiamo far meglio, scappiamo via terrorizzati urlando”, vengono gustosamente resi consci i comportamenti ricorrenti della serie - che sono seriali, certo, ma aggravati dal meccanicismo proprio di Hanna & Barbera. Bisogna però aggiungere che tracce di quest’atteggiamento di “autocoscienza” si trovano già nel cartoon.
Allo stesso modo, nel film le caratteristiche dei personaggi vengono caricate ed esaminate criticamente - in senso parodistico - portandole al punto di rottura. Anche a questo serve il litigio che apre il film dividendo il gruppo per due anni (oltre che, buffo ma vero, a trovare una scusa per eliminare il caschetto anni sessanta di Fred). E’ proprio Fred a fare maggiormente le spese di questo piglio ironico del film, che insiste sulla sua stupidità di belloccio del cartoon. Quest’atteggiamento revisionista - leggermente revisionista, ma in queste cose “leggermente” è il grado giusto - regala una maggiore consistenza ai tre pupazzoni del cartoon; anzi, vorrei dire, arriva a renderceli sopportabili, aggiungendosi alla perdita del disegno povero e legnoso che caratterizza lo stile grafico di Hanna & Barbera.
La sceneggiatura è di James Gunn, che viene dalla Troma (grande casa di superbi filmacci supercamp di serie Z!). Ora, non bisogna essere deterministi, ma sta di fatto che alla Troma sono molto spiritosi, sono molto oltraggiosi, e della costruzione narrativa non gliene importa un tubo. In “Scooby-Doo” Gunn è stato spiritoso (oltraggioso no, “of course”) nella definizione dei personaggi; ma la sceneggiatura è fondamentalmente incerta, divagante, squinternata. Un brutto montaggio confuso di Kent Beyda aggrava le cose, a onta di un discreto lavoro di scenografia e di piacevoli effetti digitali (i mostri). Pure il grande Rowan Atkinson è sottoutilizzato (o scocciato? o tutti e due?).
L’elemento di autentico divertimento, come accennavo, è Scooby-Doo. Ottimamente materializzato in CG è più simpatico che nel cartoon stesso. Se lo Scooby-Doo del cartoon si muove - come comportamento e come espressioni - in una zona intermedia fra il canino e l’umano, qui questi due poli sono ancor meglio connessi tra loro, con espressioni canine come natura, umane come leggibilità. La scena in cui si intrufola su un aereo di linea travestito da vecchia signora è una pagina di “comedy” deliziosa, specialmente per l’eccellenza di questa realizzazione. E sono sempre assai divertenti i passaggi in cui vediamo all’opera le classiche capacità mimiche di Scooby-Doo.
Naturalmente il film è in grado di recuperare tutta la dialettica fra realismo di fondo e saltuaria forzatura grafica presente nel cartoon, anche se pare mostrare una sorta di reticenza ad applicarla a personaggi umani. Peraltro fare di più avrebbe appunto comportato un distacco da quella base realistica un po’ noiosa che caratterizza la serie dei due (non eccelsi) disegnatori americani.

(Il Nuovo FVG)

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