venerdì 4 gennaio 2008

The Queen - La Regina

Stephen Frears

Quando nel bellissimo “The Queen – La regina” di Stephen Frears Elisabetta II (Helen Mirren) passeggiando con la Regina Madre (Sylvia Syms) si chiede se dovrebbe abdicare, e la Regina Madre le fa una lezione sul giuramento fatto al paese quand’è stata incoronata, entra un folgorante improvviso primo piano centrale di Elisabetta - la regalità - connesso al primissimo piano più stretto e obliquo della Regina Madre. Questo dialogo sul giuramento, Frears lo prende sul serio: il che al cinema vuol dire una cosa sola: lo narra sul serio. Poi quali siano le sue opinioni politiche private, monarchico, anarchico o repubblicano, è affar suo.
Questo vale per tutto il film. Che ha un inizio spassoso quanto i vecchi film Ealing di Robert Hamer. Sublime, da sitcom, la coppia coniugale di Tony Blair e sua moglie Cherie (Michael Sheen e Helen McCrory), la goffaggine della repubblicana Cherie di fronte alla regina, Tony che riceve l’incarico di primo ministro in ginocchio. Superbo il dialogo all’interno della famiglia reale, i cui bersagli sono Diana e la principessa Margaret. E poi Diana muore nell’incidente, che Frears ricostruisce abilmente interlineandolo con riprese di repertorio di Diana, che aggiungono drammaticità (bello come alla fine si fondono il “nero” che chiude l’incidente fittizio e il “nero” di una mano che copre l’obiettivo in un filmato reale).
Diana è l’unica che nel film non viene interpretata da alcuno (solo una controfigura di schiena per un attimo nella scena dell’incidente) ma appare in materiale autentico, dichiarazioni tv. Ossia, appare come un fantasma mediatico che perseguita la famiglia reale. In questo senso, era già uno spettro anche prima dell’incidente (Lady Diana materializzò sul piano comunicativo il Matrimonio dell’Isterismo e dell’Ipocrisia nel suo abile, sebbene istintivo, uso dei mass media allo scopo di minare la monarchia quale vendetta per il proprio fallimento esistenziale). La famiglia reale si trova incapace di fare i conti sia con quella morte sia con la tempesta emozional-mediatica da essa suscitata, e finisce isolata davanti al paese; si salva grazie alla “strana coppia” formata controvoglia dalla Regina con Blair, con l’accettazione in extremis della modernità mediatica – sotto forma del fantasma di Diana. Lo dice bene il magnifico dialogo finale - in cui la “profezia” della Regina a Blair che conoscerà anche lui il calo di popolarità (“e accadrà, signor Blair, tutt’a un tratto e senza preavviso”) ha qualcosa di ironicamente shakespeariano. Se ci pensiamo, “The Queen”, che si apre con una citazione da Shakespeare, è come una tragedia shakespeariana trasferita sul registro comico.
Sotto la perizia cinematografica di Frears emerge la grande tradizione teatrale inglese, da Wilde a Noel Coward. Servita da attori in stato di grazia, la sceneggiatura di Peter Morgan abilmente fa emergere nei personaggi un tratto principale e immutato… la rozzezza del Principe Filippo (James Crowell), la sicurezza “vissuta” della Regina Madre, la nevrilità e l’umanità di Carlo, la volgarità di Cherie Blair, il cinismo del portavoce di Blair Alastair Campbell… riservando la sfaccettatura psicologica, e quindi l’evoluzione, alla Regina e al suo deuteragonista Blair: crea un gioco di rimpallo fra i due, secondo i moduli consolidati della commedia di relazioni fra la vecchia signora e il giovane emergente.
“The Queen” è uno stupendo mix di dramma e di commedia, di psicodramma individuale e collettivo. La scena in cui Elisabetta, da sola fra le montagne, scoppia infine a piangere, in una indimenticabile inquadratura di spalle, è per delicatezza e veridicità una delle pagine più belle che Frears abbia mai girato. Nota che nell’episodio del cervo, che segue, il testo sottolinea la volgarità del morire per mano di “ospiti paganti”. Splendido esempio di snobismo inglese! Come nella miglior tradizione britannica, nel film di Frears la satira dell’aristocrazia si intreccia inestricabilmente all’ammirazione.

(Il Nuovo FVG)

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