martedì 8 gennaio 2008

Oppalalay

Marco Rossitti

E’ molto bella, nel film dei Papu “Oppalalay”, diretto da Marco Rossitti, la costruzione mediante il montaggio di una città ipotetica Pordenone/Udine. Pordenudine? Merita ricordare che Dario Argento aveva fatto, più in grande, qualcosa di simile nel suo primo film. Fondamentalmente però “Oppalalay” è “made in Pordenone”; in questa logica entrano i cameo di notorietà locali, fra cui il più divertente è quello autoparodistico ed esplosivamente paradossale del televisivo Gigi Di Meo.
Realizzato con un budget minimo, “Oppalalay” è una simpatica piccola commedia che parte dal punto giusto: da una sceneggiatura semplice - gioca sul classico tema comico dell’uomo “en travesti” - ma strutturata. Scritta di Emanuele Barison e Romeo Toffanetti (collaborazione ai dialoghi di Mirco Stefanon), ha vivacità di ritmo e una buona costruzione delle gags. Stante la caratterizzazione fumettistica dei due autori (“Nathan Never” e “Diabolik”, ma anche molta Disney) viene inevitabile pensare a ritmi e figure del fumetto. Il negoziante gay (Carlo Pontesilli) che si aggira fluttuando per il negozio, non sembra un cittadino di Paperopoli? Solo lo sviluppo secondario con Barbara Varischio avrebbe dovuto essere ampliato, pena il rischio di rimanere un po’ oscuro per gli spettatori più stupidi: chi scrive, infatti, non aveva capito bene il suo ruolo, onde la scena alla stazione gli risultava piuttosto criptica.
La scelta vincente dei Papu (Andrea Appi e Ramiro Besa) è stata appunto di entrare nel film come interpreti di una storia (tarata su di loro, ma una storia), anziché farsi cucire addosso il film come personaggi. Sembra ovvio, ma così sono stati più intelligenti di tanti altri comici italiani (penso per esempio a Ceccherini). Appi e Besa offrono un’interpretazione gustosa. Il loro gioco delle parti è scorrevolissimo e la loro resa delle due vecchiette friulane assai divertente, col giusto tocco di realismo locale. Li attornia un cast di supporto convincente: vorrei citare in particolare Antonio Barillari, eccellente nella parte (che fa pensare a Gene Gnocchi!) dell’odiosissimo fidanzato Sergino.
Buona l’idea di aprire il film su una rappresentazione dei Papu sul palcoscenico, dichiarando così - “metanarrativamente”, direbbe il barisoniano Pico de Paperis - le loro origini di cabarettisti popolari per metterle in crisi (a partire da un’immediata messa in crisi dello spettacolo stesso) scaraventando i due nella dimensione più complessa della commedia brillante - o della vita, a seconda che la guardiamo da dentro o fuori il film.
E’ interessante vedere il regista Marco Rossitti - di cui ricordo, quanto mai diverso, il bellissimo documentario “Il liutâr”, basato su un tempo lento e sospeso nella dimensione “lunga” del lavoro - dirigere una versione, popolare e locale quanto si vuole, della “slapstick comedy”. L’impegno è bene assolto. Molto bello per esempio lo sguardo in macchina di Ippolita Nigris Cosattini alla fine. E va menzionata la partecipazione straordinaria di Stan Laurel & Oliver Hardy che, presenti in un poster nel salotto dei Papu, fanno da muto coro greco assistendo con aria davvero stupefatta allo svolgimento, grazie a un abile posizionamento dell’inquadratura.
A parte un paio di sbavature minori (come un microfono che entra in campo, in un totale, dal bordo sinistro dell’inquadratura, o un ciclista in secondo piano che visibilmente si accorge che stanno girando un film e si ferma, quando Di Meo incontra la “vecchietta”), il difetto peggiore è un montaggio un po’ frettoloso, dove per esempio tagli troppo veloci “sporcano” il climax comico di alcune scene (anche quella citata di Di Meo in tv). Comunque, un film onestamente gradevole. Ed è importante che sia una produzione locale. Storicamente il cinema italiano ha una vocazione policentrica, che abbastanza presto si esaurì nell’omologazione romana; non da oggi muoviamo dei passi in direzione di un cinema friulano, che non vuol dire necessariamente in friulano, e questo è un passo avanti da salutare.

(Il Nuovo FVG)

1 commento:

Marco ha detto...

veramente divertente il film, le due vecchiette impersonate dai papu sembrano veramente le classiche vecchiette di pordenone e dintorni, soprattutto la vecchietta impersonata da Appi è lo specchio della classica vecchietta di cordenons, con l'accento preciso! :) Belli anche gli scorci sull'ambiente e l'idea di far partecipare Mauro Corona e Gigi Di Meo. Unica cosa, devo riflettere un po sul finale perchè forse non l'ho capito! ... chi era al telefono che fingeva di sbagliare numero?? non di certo sergino! ma allora come si spiega il fatto dei fiori alla stazione? Il finale suggerisce che le belle ragazze sposano il ricco e vanno a fare il viaggio di nozze a Bora bBra, mentre filano con altri più attraenti e giovani?? ... alla fine besa si è semplicement arreso?? ... grazie!