martedì 8 gennaio 2008

La mossa del diavolo

Chuck Russell

Kim Basinger in un horror nella parte di un’infermiera che cerca di salvare la sua nipotina da una setta satanica? Sulla carta è davvero qualcosa da vedere. Peccato che “La mossa del diavolo” di Chuck Russell appartenga alla vasta categoria delle promesse mancate. Chuck Russell ha diretto alcuni film senz’altro piacevoli (“Nightmare 3 - I guerrieri del sogno” e soprattutto il gustosissimo veicolo di Jim Carrey “The Mask”); però stavolta la sua regia solo corretta non riesce a infondere forza e vivacità in un film stanco e macchinoso per colpa di una sceneggiatura deludente.
Il modesto “La mossa del diavolo” parla di una setta di satanisti che vanno compiendo una specie di strage degli innocenti su piccola scala mentre cercano - col progetto di rapirla e convertirla al male - una bambina che è il nuovo Messia o giù di lì (prudentemente il racconto lascia un po’ nel vago questo punto). L’intento di unire il dramma horror e il poliziesco procedurale (con Jimmy Smits: abbonato!) rimane un po’ sospeso. Comunque è interessante che, mentre tutti i film di cospirazione satanica da “Rosemary’s Baby” in poi si basano sul principio “Non fidarti di nessuno” (come “X-Files”), qui la polizia è al di sopra di ogni sospetto. Potremmo anzi dire che l’“arrivano-i-nostri” finale (non rovino a nessuno la sorpresa, tanto si sa che vincono i buoni!) è una riuscita operazione congiunta fra San Michele Arcangelo e il New York Police Department.
Fa una comparsa nel film anche la sempre efficace Christina Ricci, mentre Ian Holm è assolutamente inutile in un ruolo di esorcista completamente slegato dall’azione. Quanto a Kim Basinger, è uno splendore, naturalmente. Quest’attrice sarebbe un’altra Kim Novak, se trovasse parti e registi adatti. Purtroppo si direbbe che qui sia lei la prima a credere poco nella dimensione fantastica in cui si muove il film. Sto pensando alla scena finale: pensate a un personaggio (ateo, poi) che, portato nella chiesa del diavolo, vede materializzarsi il demonio in persona (sia pure per un attimo, perché la computer graphics costa, anche per i satanisti!); mi figuro che un’esperienza simile dovrebbe provocare un’espressione sconvolta perfino a Valeria Golino; Kim invece sembra solo un po’ preoccupata (d’accordo che in realtà non lo vede, è un effetto aggiunto in postproduzione, ma dovrebbe immaginarselo!).
Giacché siamo giunti a parlare di trucchi in computer graphics: alcuni ne “La mossa del diavolo” sono passabilmente graziosi, altri appaiono falsi come una patacca (i ratti demoniaci nell’incubo). Alcune scene non mancano di suggestione; l’aspetto più interessante di tutto il film sono i tentativi del capo satanista - il convincente Rufus Sewell - di convertire la bambina contesa fra le forze del bene e del male al culto di Satana, con le buone o con le cattive, anche perché la piccola attrice Holster Coleman ha davvero un viso terribilmente espressivo. Così la cosa migliore per il film sarebbe stata di rimontarlo radicalmente, dandogli un andamento più impositivo; ma per questo ci volevano produttori più decisi.
“La mossa del diavolo”, che appartiene all’ultima ondata di produzioni “esorcistiche”, come “Lost Souls” di Janusz Kaminski, certamente non nasconde il suo debito col film capostipite, il capolavoro recentemente restaurato “L’esorcista” di William Friedkin. Dir debito è un eufemismo, naturalmente. La scena verso l’inizio in cui Kim Basinger va a esplorare la stanza dove ha sentito strani rumori ricorda da vicino Ellen Burstyn in solaio in quel film; la sua corsa verso la camera dalla bambina che grida aiuto, subito dopo l’incubo, è “L’esorcista” puro; per non parlare del primo piano del bambino con un occhio cieco scolorito che guarda in macchina, esattamente come l’iracheno del solenne preludio esotico del film di Friedkin. Chiamiamole citazioni, per essere generosi, ma certo che vanno perdute in un film fondamentalmente spompato.

(Il Nuovo FVG)

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